l’invenzione di Paulus – CCMC 19 – 311.

ulteriore puntata delle osservazioni storico-filologiche sula formazione dell’epistolario paolino e su suo rapporto con gli Atti degli apostoli; l’insieme dei post è consultabile inserendo nel motore di ricerca la sigla CCMC, cioè Contributi alla comprensione della mitologia cristiana

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se questa successione di post sulle Lettere di Paulus fosse invece parte di un libro, non basterebbe l’esame condotto della Lettera agli Ebrei e della Prima e Seconda Lettera ai Tessalonicesi per saltare alle conclusioni; ci sarebbe l’analisi paziente anche delle altre lettere, alla ricerca di ulteriori conferme alle ipotesi sonora emerse.

ma siccome siamo nel campo del semi-dilettantesco, nessuno se ne abbia troppo a male se continuo con ulteriori ipotesi al 20%… 😉

e salto direttamente alle possibili conclusioni.

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se le Lettere di Paulus sono nella sostanza un falso del II secolo, creato a partire dall’unica che ha qualche possibilità vera di essere del I secolo, e cioè proprio quella Lettera agli Ebrei che viene considerata quasi all’unanimità falsa, perché troppo diversa dalle altre (e vicina piuttosto nel clima culturale alla Lettera di Barnaba, con la quale si dovrebbe pazientemente confrontarla), allora bisogna anche cercare di capire come può essersi formata questa raccolta apocrifa e sulla base di quali leggende.

per affrontare questo tema, purtroppo, abbiamo a disposizione solamente gli Atti degli Apostoli, un altro falso del II secolo, di carattere ampiamente e forse esclusivamente leggendario, e cercare di ricavare degli elementi di verità da scritti di questo genere è veramente impresa spericolata.

anzi, possiamo dire che, dopo che una prima redazione delle Lettere aveva prospettato una specie di romanzo epistolare immaginario su questo personaggio, era stati composti frettolosamente gli Atti, allo scopo di rettificare il tiro e di ricondurre il personaggio nell’ambito di quella che si sarebbe imposta come ortodossia; col risultato che sono stati proprio gli Atti, in definitiva, a costituire questa leggenda su Paulus.

e quindi poco possono dirci su come si è formata la leggenda che li ha preceduti.

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analizziamo dunque meglio e in dettaglio come viene presentata questa figura negli Atti, che ne costituiscono quasi la biografia, e soffermiamoci in particolare sul problema del doppio nome di questo personaggio.

che infatti, quando compare per la prima volta, si chiama Saul (non Paulus).

gli Atti lo nominano per la prima volta quando raccontano la lapidazione di Stefano al cap. 7, e tra i presenti citano Saul, nome prettamente ebraico, evidentemente, che non è ancora Paulus, il Piccoletto, nome prettamente romano.

57Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, 58lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo.

E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saul. 

Saul non ha un ruolo attivo nella lapidazione di Stefano, secondo gli Atti: è un semplice testimone, o forse un ispiratore (come dimostrerebbe il fatto di deporre le vesti ai suoi piedi, quasi in segno di rispetto ed obbedienza), che non si macchia però le mani personalmente di sangue.

qui gli Atti sembrano correggere la Prima lettera a Timoteo, 1, che sarebbe degli ultimi tempi della prigionia del personaggio Paulus:

12Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, 13che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede.

e smentiscono anche la Lettera ai Galati, 1, che sarebbe invece più antica di almeno 12 anni, risalendo, in teoria e in apparenza, al 55 d.C.:

13Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, 14superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 

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gli Atti ridimensionano fortemente i fatti, lasciandoci abbastanza delusi, rispetto alle notizie raccolte dalle due lettere citate, perché tutto il ruolo di Saul nell’essere nemico dei primi cristiani si riduce, in questo testo, all’avere assistito, senza partecipare attivamente, alla lapidazione di Stefano.

incidentalmente osservo anche che è poco plausibile che Paulus scriva le sue lettere come se fosse già, quando scriveva, un personaggio celebre; questo non è realistico, in particolare per la prima.

ma in ogni caso in entrambe queste parla, sia pure in modo sfumato, di un suo ruolo attivo preciso.

si può pensare che un uomo che fosse stato testimone della lapidazione del primo martire cristiano, come scritto – poi – negli Atti, qui non ne facesse qualche allusione più precisa?

la cosa sarebbe stata altamente sconveniente in primo luogo nei confronti di quello Stefano che era stato lapidato e non era stato così fortunato da cavarsela, come Jeshu in analoga circostanza.

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segue negli Atti, al cap. 9, il racconto della conversione di Saul:

1 Saul, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. 

3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva:

«Saul, Saul, perché mi perséguiti?». 

5Rispose:

«Chi sei, o Signore?».

Ed egli:

«Io sono Gesù, che tu perséguiti! 6

Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». 

7Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. 

8Saul allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla.

Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco.

9Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

10C’era a Damasco un discepolo di nome Anania.

Il Signore in una visione gli disse:

«Anania!».

Rispose:

«Eccomi, Signore!». 

11E il Signore a lui:

«Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saul, di Tarso; ecco, sta pregando12 e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». 

13Rispose Anania:

«Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. 

14Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». 

15Ma il Signore gli disse:

«Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; 16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». 

17Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse:

«Saul, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». 

18E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista.

Si alzò e venne battezzato, 19 poi prese cibo e le forze gli ritornarono. 

Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, 20e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. 

21E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano:

«Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?».

22Saul frattanto si rinfrancava sempre di più e gettava confusione tra i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo. – cioè il re messianico di Israele.

23Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei deliberarono di ucciderlo, 24ma Saul venne a conoscenza dei loro piani.

Per riuscire a eliminarlo essi sorvegliavano anche le porte della città, giorno e notte; 25ma i suoi discepoli, di notte, lo presero e lo fecero scendere lungo le mura, calandolo giù in una cesta. 

26Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.

basta sapere, come oggi sappiamo grazie al cosiddetto Documento di Damasco, scoperto a Cairo ala fine del’Ottocento, che Damasco era il nome in codice per indicare le comunità esseniche sulle rive del Mar Morto, per cogliere immediatamente il carattere assolutamente leggendario di questo racconto; trascurando oltretutto l’evidente assurdità di una missione autorizzata a Saul dal sommo sacerdote di Gerusalemme in una terra, Damasco, non sottoposta ad alcuna forma di sua giurisdizione.

siamo nel campo della letteratura fantastica.

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il parallelo racconto nella Lettera ai Galati è molto differente:

15Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque 16di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, 17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.

questo passo afferma che Saul ha una illuminazione (non sappiamo esattamente dove né se questa avvenne col carattere miracolistico del racconto degli Atti), va in Arabia e poi “ritorna” a Damasco, senza andare a Gerusalemme; siccome Saul ritorna a “Damasco” dopo essere andato in Arabia e non va a Gerusalemme, tutto fa pensare che questa sua illuminazione avvenga a Damasco – e non sulla via di Damasco, come raccontano gli Atti (che la rappresentano come una città, mentre nella Lettera ai Galati questo non è chiaro) e potrebbe trattarsi anche di una presa di coscienza graduale, avvenuta mentre Saul si trovava “a Damasco”, cioè nella comunità essenica del Mar Morto.

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vi è anzi una contraddizione insanabile e diretta fra le due versioni, perché gli Atti proseguono, dopo il passo citato sopra:

27Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 

28Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore.

29Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. 

30Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.

e invece la Lettera ai Galati prosegue in questo modo:

18In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; 19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 

20In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mentisco.  questa è la formula di rito che si usa nella letteratura cristiana quando si sta smentendo qualcun altro e di solito segnala una menzogna particolarmente importante; solo che a noi sfugge un poco perché fosse così importante che Saul non avesse visto gli altri apostoli.

21Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. 

22Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23avevano soltanto sentito dire:

«Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». 

24E glorificavano Dio per causa mia.

insomma, questi due racconti sono chiaramente incompatibili fra loro, se li esaminiamo con attenzione.

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secondo la versione della Lettera ai Galati, Saul è a Damasco, ha una illuminazione, va in Arabia e ritorna a Damasco e tre anni dopo si reca a Gerusalemme a conoscere i soli Cefa e Giacomo; dopo di che si reca in Siria e Cilicia (quindi via terra).

secondo la versione degli Atti, Saul è a Gerusalemme, poi si reca a Damasco, avendo una illuminazione durante il viaggio, rimane a Damasco “vari giorni” e “trascorsi molti giorni” (non tre anni) ed è costretto a fuggire a Gerusalemme, dove viene presentato agli apostoli, con i quali sta in piena familiarità, prima di essere di essere condotto a Cesarea e imbarcato per Tarso – senza passare per la Siria!

quegli apostoli che, secondo la Lettera ai Galati, non aveva praticamente visto, salvo Cefa e Giacomo.

facciamo fatica oggi a cogliere il filo delle polemiche segrete che si nascondono dietro queste due diverse versioni dei fatti; ma il sapere che la seconda fu scritta per smentire la prima rende addirittura stupefacente il tentativo ecclesiastico successivo di far convergere fra loro in un’unica versione testi scritti per smentirsi fra loro, dopo averli divinizzati tutti, nonostante le loro aperte contraddizioni.

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ma proviamo pure, per un momento ad accantonare questa ipotesi, resa plausibile dalle osservazioni fatte via via sul rapporto con gli Atti delle Lettere esaminate; arriveremmo alla ipotesi ancora più sconcertante che gli Atti siano stati scritti da chi non conosceva neppure le Lettere di Paulus, ed era un suo stretto collaboratore, a stare alle medesime!

insomma, non c’è modo di evitarlo: gli Atti dimostrano che le Lettere di Paulus sono un falso o perché sono stati scritti quanto meno senza conoscerle (fatto moto improbabile), oppure – e ancor peggio – perché sono state scritti per correggerle.

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ma ancora non abbiamo trovato il punto in cui il Saul della prima parte degli Atti diventa il Paulus delle Lettere e della seconda parte degli Atti.

Tarso era a capitale della Cilicia nell’antichità: quindi questo è almeno un primo punto comune alle due versioni, che dopo la conversione e un breve soggiorno a Gerusalemme, per via di terra, attraverso la Siria, secondo le Lettere, o per via di mare da Cesarea secondo gli Atti, Saul si recò a Tarso, che gli Atti ci hanno nel frattempo detto che era la sua patria di origine.

da questo punto in poi la Lettera ai Galati salta tutto un lungo periodo successivo e ci racconta soltanto che Paulus sarebbe ritornato a Gerusalemme 14 anni dopo: nel 50, secondo questa cronologia: il che collocherebbe al 36 d.C. il primo soggiorno a Gerusalemme e di conseguenza al 33, tre anni prima, almeno, la illuminazione di Saul; non vi è una cronologia più precisa dei fatti precedenti.

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negli Atti invece ci sono alcuni riferimenti sparsi:

19Intanto quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei.

20Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. 

21E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore.

22Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. (…) 

25Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: 26lo trovò e lo condusse ad Antiòchia.

Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente.

Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

27In quei giorni alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiòchia. 

28Uno di loro, di nome Àgabo, si alzò in piedi e annunciò, per impulso dello Spirito, che sarebbe scoppiata una grande carestia su tutta la terra.

Ciò che di fatto avvenne sotto l’impero di Claudio.

29Allora i discepoli stabilirono di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea, ciascuno secondo quello che possedeva; 30questo fecero, indirizzandolo agli anziani, per mezzo di Bàrnaba e Saul.

la cronologia di questo primo racconto è particolarmente incerta; tuttavia, col riferimento alla carestia, si arriva, senza nessun’altra notizia, agli anni intorno al 44-45, cioè 8 o 9 anni dopo l’episodio precedente.

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ma poi si trova un’altra notizia, di nuovo in plateale contraddizione con quanto affermato nelle Lettere dal presunto Paulus in prima persona:

25Bàrnaba e Saul, poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono, prendendo con sé Giovanni, detto Marco.

insomma, nel 45, Saul sarebbe tornato a Gerusalemme per portare agli anziani un soccorso per la carestia raccolto ad Antiochia: strano non è soltanto questo soccorso per una carestia “scoppiata su tutta la terra”, che quindi non doveva avere lasciato grandi risorse neppure ad Antiochia, ma soprattutto il fatto che questo contraddice l’affermazione di Paulus nella Lettera ai Galati di essere tornato a Gerusalemme con Barnaba 14 anni dopo, nel 50 d.C. e non nel 45.

insomma, le Lettere raffigurano un Paulus che non ha rapporti col gruppo dei cristiani di Gerusalemme fino al 50, salvo un primo limitatissimo incontro con Cefa e Giacomo tre anni dopo la conversione; gli Atti mostrano un Saul molto più collegato con loro ed organico al primo movimento cristiano.

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ma anche negli Atti fino a qui Saul è ancora indicato col suo nome.

e così avviene anche nell’episodio successivo, che lo riguarda:

1 C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saul. 

2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse:

«Riservate per me Bàrnaba e Saul per l’opera alla quale li ho chiamati». 

3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.

4Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. 

5Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con sé anche Giovanni come aiutante. 

6Attraversata tutta l’isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus, 7al seguito del proconsole Sergio Paolo, uomo saggio, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saul e desiderava ascoltare la parola di Dio. 

8Ma Elimas, il mago – ciò infatti significa il suo nome -, faceva loro opposizione, cercando di distogliere il proconsole dalla fede. 

9Allora Saul, detto anche Paolo, colmato di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui 10e disse:

«Uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore? 

11Ed ecco, dunque, la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole».

Di colpo piombarono su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano. 

12Quando vide l’accaduto, il proconsole credette, colpito dall’insegnamento del Signore.

questo episodio è particolarmente sconcertante e lascia aperte moltissime domande; è comunque il punto esatto nel quale negli Atti avviene il trapasso dalla figura di Saul a quella di Paulus: senza particolari spiegazioni: “Saul, detto anche Paulus”.

ma la cosa straordinaria è che questo cambio di nome avviene alla presenza del pro-console Sergius Paulus, che vuole “ascoltare la parola di Dio” e che ha lo stesso nome.

questo porta ad una strana lotta alla sua presenza, fra Saul/Paulus, che ha preso il nome del proconsole stesso, e un “mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus”: certo, il nome Iesus era abbastanza diffuso nella Palestina del tempo, ma se sappiamo che “bar” significa “figlio di”, e la cronologia impedisce di pensare che questo possa essere un figlio dello Jeshu a cui potremmo pensare (siamo vicini all’anno dea morte di Erode Antipa, avvenuta nel 44 d.C. ), ma non fa forse impressione vedere un presunto apostolo che si dà il nome di un pro-console romano che combatte contro un altro profeta “giudeo” che si chiama “figlio di Iesus”?

ma una domanda ancora più strana mi attraversa la mente: non è che l’apostolo Paulus che appare in questa circostanza e che d’ora in poi rivendicherà di essere cittadino romano è proprio il pro-console Paulus?

ipotesi troppo avventurosa; ma allora perché Paulus prende da quel momento in poi il nome del pro-console che avrebbe convertito? è forse questo pro-console a dargli la cittadinanza romana, adottandolo come figlio?

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ora sappiamo quando Saul diventò Paulus e che è solo nel cap. 13 degli Atti che avviene la fusione dei due nomi attorno ad un’unica figura (9):

Allora Saul, chiamato anche Paolo (…)

ma da quel momento Saul viene sempre chiamato col nuovo nome negli Atti e il vecchio nome scompare: proprio come se si fosse trattato di due persone diverse.

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da questo momento inizia negli Atti anche la narrazione dei viaggi di Paulus e della sua predicazione.

ma siamo assolutamente sicuri che si tratta di una persona sola? e non della confluenza di due figure diverse?

la prima figura è quella di un esseno di nome Saul, ebreo, ostile ai cristiani, che soggiornava nella comunità essenica del Mar Morto; e che alla fine ne viene cacciato perché il suo pensiero non è considerato pienamente ortodosso.

potrebbe essere la figura di cui si parla nei Rotoli del Mar Morto, come di un traditore della causa (essenica).

la seconda figura è quella di un predicatore itinerante di nome Paulus, nato a Tarso (nato forse come cristiano), e cittadino romano, predicatore itinerante, favorevole all’apertura del cristianesimo anche ai non ebrei.

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che cos’hanno in comune queste due figure? praticamente nulla.

salvo che potrebbe risalire al primo, o alla sua cerchia, la prima originaria redazione della cosiddetta Lettera agli Ebrei, trasmessa ai posteri sotto il suo nome, o meglio del trattatello religioso ebraico, in essa contenuto; lettera che si affiancò ad una simile, che è pure originariamente un trattatello teologico, poi trasformato in lettera, che originariamente faceva parte del canone del Nuovo Testamento e poi ne fu esclusa: la Lettera di Barnaba; con questa, la Lettera agi Ebrei agì da modello e da punto di riferimento, anche polemico, nella redazione delle altre.

prima che qualcuno si preoccupasse di ristabilire una versione corretta della predicazione di Paulus, scrivendo la seconda parte degli Atti, a rettifica delle molte eresie contenute nelle Lettere, non tutte sanabili con manipolazioni successive.

2 risposte a “l’invenzione di Paulus – CCMC 19 – 311.

  1. Vedo che continui a studiare e a studiare. In una delle tue moltissime vite precedenti sei stato un monaco che camminava fra un’abbazia e l’altra con la bisaccia piena di codici 🙂

    • tu dici che analizzare romanzi è un modo di studiare?

      a me pare quasi un divertimento… 😉

      secondo un gioco, fatto una volta, nella mia vita precedente ero un sarto a Marrakesh vissuto ne Trecento (forse te l’ho già raccontato), ed è per questo che forse mi piace ancora l’arte del rammendo e del patchwork.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)