3 dicembre: verso la disfatta costituzionale? – 627.

se non fossimo totalmente rimbecilliti dalla politica spettacolo, ci accorgeremmo che il 3 dicembre è una data politicamente molto più importante del 27 novembre che ha imbandito il circense della decadenza di Berlusconi per il popolo, a cui del resto si riducono sempre di più le porzioni del panem.

il 3 dicembre la Corte Costituzionale dovrà decidere sul ricorso che le chiede di proclamare incostituzionale la legge elettorale attuale.

il ricorso è stato sollevato dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12060 del 17 maggio 2013, sulla base del ricorso presentato da un cittadino (eroe) che è arrivato fino a quel grado di giudizio, per difendere il suo diritto di scelta (e quello di tutti noi).

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i punti di costituzionalità dubbia, secondo la Corte di Cassazione sono due:

1. la mancanza di una soglia minima alla quale applicare il premio di maggioranza.

le elezioni di quest’anno hanno del resto rasentato il delirio, ed è altamente imbarazzante che il premio di maggioranza sia andato al partito Democratico (che lo gestisce senza visibile malessere) piuttosto che ai Cinquestellati o a Berlusconi, per una manciata di voti di differenza.

nemmeno la legge elettorale fascista Acerbo del 1923 o la famosa legge Scelba, proposta nel 1953 e poi bocciata di fatto per un soffio nelle elezioni di quell’anno, prevedevano di attribuire il premio di maggioranza al primo arrivato senza condizioni, ma subordinavano il premio al raggiungimento di una percentuale minima: che era del 25% per Mussolini e del 50% + 1 secondo De Gasperi (in questo caso il premio serviva per potere cambiare la Costituzione con la maggioranza parlamentare dei due terzi e senza possibilità di referendum confermativo).

2. la mancata possibilità per l’elettore di esprimere preferenze nella scelta dei candidati.

la Cassazione ha lasciato invece cadere la questione se sia costituzionale che l’elettore indichi un candidato alla carica di capo del governo considerando che questa prerogativa è assegnata dalla Costituzione al Presidente della Repubblica.

che del resto ne fa l’uso che crede, come abbiamo visto in questi mesi (e sta bene così).

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sul primo punto la Corte Costituzionale si è già espressa varie volte:

1. sentenza 15 2008, con la quale venne dichiarato ammissibile il referendum proposto sulla legge elettorale della Camera

L’assenza di una soglia minima per l’assegnazione del premio di maggioranza è carenza riscontrabile già nella normativa vigente .

L’impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi.

2. sentenza 15 2008, con la quale venne dichiarato ammissibile il referendum proposto sulla legge elettorale  del Senato

Come ha già fatto in passato in altri casi (sentenza n. 32 del 1993), questa Corte richiama l’attenzione del Parlamento e delle forze politiche sull’inconveniente di cui sopra e ripete anche in questa occasione quanto ebbe a ricordare in una precedente pronuncia (sentenza n. 26 del 1981), e cioè che l’art. 37, terzo comma, della legge n. 352 del 1970 consente di ritardare l’entrata in vigore dell’abrogazione per un termine non superiore a 60 giorni dalla data della pubblicazione del decreto che la dichiara.

3. sentenza 13 2012 con la quale venne dichiarato non ammissibile il referendum proposto sulla legge elettorale (diverso dai precedenti):

richiama le due sentenze del 2008; esclude che l’abrogazione di una norma possa produrre automaticamente il ripristino della normativa precedente, in questo caso il Mattarellum (anche da parte della Corte per incostituzionalità, ho capito io, ma c’è chi, più autorevole di me senza dubbio, sostiene il contrario); ribadisce il monito al Parlamento a cambiare la legge.

il terzo monito, dopo i due del 2008, che il Parlamento ha bellamente ignorato, continuando a farci votare secondo leggi che la Corte Costituzionale non aveva il potere di abrogare (date le modalità attuali del suo funzionamento; non esiste in Italia su leggi fondamentali un giudizio preventivo di costituzionalità della Corte, come in Germania), ma su cui ha ripetutamente ammonito il Parlamento a cambiarle.

questi sono i dati di partenza, che con una mezzoretta di studio e ricerca qualunque deputato sarebbe in grado di definire; figuriamoci i cosiddetti uffici studio dei partiti, che non riusciamo a capire a quale altro scopo siano così lautamente finanziati dallo stato.

ed ora vediamo che cosa può succedere, considerando che il numero di questi moniti inascoltati non è irrilevante dal punto di vista della decisione della Corte.

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ipotesi 1: la Corte rigetta il ricorso, considerandolo non proponibile per qualche motivo formale: sarebbe un bellissimo auto-goal, considerando che il parlamento ha già dimostrato ampiamente di non preoccuparsi affatto di essere eletto in una maniera illegittima.

”la questione di fondo di cui si discuterà è se questo non sia un ricorso diretto di cittadini”, come tale inammissibile nel nostro ordinamento, “anzichè di un ricorso in via incidentale”: su questo dibattito formale si giocheranno le questioni davvero centrali.

se la Corte Costituzionale rigettasse il ricorso, magari anche con le motivazioni più fondate, sancirebbe la indiscutibilità di un ordinamento fondamentale, come le modalità dell’elezione stessa del Parlamento, che verrebbe di fatto sottratta alle sue possibilità di intervento, purtroppo postume, dato che ben tre elezioni (2006, 2008, 2013) si sono svolte in base a questa normativa illegittima sostanzialmente e da ultimo anche in spregio alle osservazioni sulla incostituzionalità fondamentale della legge, già esposte dalla Corte.

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ipotesi 2: la Corte fa un nuovo solenne monito al Parlamento.

che continua a fregarsene: sarebbe lo stesso scenario di sopra, in pratica.

ma la Corte potrebbe trovarsi costretta a questo per il fatto che la correzione di alcuni aspetti della norma da abrogare ha aspetti discrezionali e non può discendere automaticamente da una dichiarazione di incostituzionalità.

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ma vi è anche una terza ipotesi, ed è quella che la Corte dichiari incostituzionali i due aspetti della legge elettorale su cui la Corte di Cassazione ha sollevato il problema o anche uno solo di loro (e in questo caso non potrebbe che essere il primo).

della incostituzionalità del secondo (la mancanza di preferenze, che contrasterebbe col diritto fondamentale dei cittadini di scegliersi i loro rappresentanti) si parla pochissimo, perché è quello che alla casta politica interessa di più.

tutta l’attenzione è invece spasmodicamente concentrata sul premio di maggioranza, perché è quello che dà il potere.

ma se l’elezione stessa dei deputati fosse illegittima, salterebbe il parlamento e occorrerebbe andare a nuove elezioni.

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c’è di peggio: in linea generale le decisioni della Corte Costituzionale sono retroattive: la legge, di norma, è abrogata dal momento stesso della sua entrata in vigore, e dunque potremmo arrivare al paradosso (puramente teorico) di una cancellazione completa non solo del parlamento attuale, ma del suo stesso operato dal 2006 ad oggi.

ipotesi di scuola, ovviamente, dato che la Corte non è fatta di pazzi ed ha poi la possibilità di graduare nel tempo l’efficacia di quel che decide, con adeguate motivazioni, che in questo caso non mancherebbero.

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ma la Corte potrebbe anche limitarsi ad eliminare il premio di maggioranza, avendone verificato l’evidente irragionevolezza, lasciando poi al Parlamento l’onere al contrario di reintrodurlo in qualche forma più adeguata.

che cosa succederebbe in questo caso?

Brunetta è l’unico, a mio sapere, tra i deputati, che ha segnalato i problemi che potrebbero nascere dalla sentenza della Corte: lo ha fatto nel suo solito modo esasperato e fantasioso, e a me è sembrato più che altro un messaggio alla Corte perché non tocchi nulla.

“Con il verdetto negativo della Consulta l’intero parlamento sarebbe illegittimo e quindi di fatto andrebbe sciolto in poche settimane”.

non è vero, e lo dimostra Brunetta stesso nel seguito del suo discorso:

se il premio attuale di maggioranza è incostituzionale (e come dubitarne nella sostanza?), le nomine di deputati e senatori avvenute dopo le elezioni di inizio anno, non ancora convalidate dalle Camere, dovrebbero essere riviste secondo il nuovo principio risultante dalla sua abrogazione.

i deputati di sinistra “abusivi” diventerebbero 192 da 340 (meno 148, il “premio di maggioranza”) e il centrodestra, come da risultati elettorali, avrebbe in tutto solo due onorevoli in meno del centrosinistra, situandosi a 190 e guadagnandone dunque 66 rispetto agli attuali 124.

in questo caso, si noti bene, Letta perderebbe la maggioranza alla Camera, dato che i deputati di Scelta Civica e del Nuovo Centro Destra non sarebbero sufficienti a raggiungerla: supererebbero di poco i 250, a fronte di una maggioranza richiesta di 316; e crescerebbero i deputati 5 Stelle, oltre a quelli della destra.

l’unico governo possibile nascerebbe da una qualche forma di accordo fra Partito Democratico e 5 Stelle.

altrimenti nuove elezioni con un sistema nuovo, per ritrovarsi al punto di prima.

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la dirompenza delle conseguenze fa dubitare che questa possa essere la scelta della Corte.

ma che cosa inventerà l’istituzione che dovrebbe essere la suprema garante della nostra Costituzione per evitare che l’intero sistema politico italiano crolli?

immagino che la Corte dovrà studiare qualche compromesso, tra la Costituzione e la democrazia, anche a malincuore.

il rispetto sostanziale della Costituzione comporta l’abrogazione di questa legge elettorale peggio che fascista, e la cancellazione del sistema politico attuale che ne è nato, ma il compromesso vedrà come vittime sacrificali proprio la Costituzione e la democrazia?

sbaglio e penso male?

11 risposte a “3 dicembre: verso la disfatta costituzionale? – 627.

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  5. commento pervenuto tra lo spam, che probabilmente lo è:

    In particolare variando la soglia del premio di maggioranza dal 40% al 42.5%, quest’ultima è ben noto a tutti che non è possibile raggiungerla alle coalizzioni attualmente presenti.

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