Paulus e la circoncisione nella Lettera ai Galati – CCMC 21 – 380.

ecco che provo a trascinare di nuovo qualcuno nella serie dei miei Contributi alla Conoscenza della Mitologia Cristiana, dedicata in particolare alle pseudo-lettere paoline.

ci stiamo occupando, da ultimo, della Lettera ai Galati, nella quale abbiamo riconosciuto due stratificazioni sopra un nucleo originario molto semplice, ma abbiamo fatto l’ipotesi che, a differenza che nelle altre lettere esaminate, questi rimaneggiamenti siano fatti tutti dalla stessa mano, quella che in altri casi intervenne per arricchire dei testi preesistenti.

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nel terzo strato della Lettera ai Galati, quello biografico (che si presenta come autobiografico), un tema centrale è quello della circoncisione:

2, 3 Ora neppure Tito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere; 4e questo contro i falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi; ma a loro non cedemmo, non sottomettendoci neppure per un istante, perché la verità del Vangelo continuasse a rimanere salda tra voi.
Da parte dunque delle persone più autorevoli – quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno – quelle persone autorevoli a me non imposero nulla. Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. (…)

11 Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. 12 Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13 E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14 Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».

l’autore prosegue attaccando coloro che rimangono attaccati al rito della circoncisione.

3, 3 Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? (…)

5, 2Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. (…)

Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama!  (…)

6 12 Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. 13 Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la Legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. (…) 15 Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. 

ma è ben chiara e visibile la differenza concettuale tra il primo passo, quello autobiografico, che prevede una specie di conciliazione fra circoncisione per gli ebrei e non circoncisi per i non ebrei, e il secondo, quello di carattere più dottrinale, che nega in assoluto il valore della circoncisione in ogni caso.

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eccoci nel pieno del romanzo paolino: secondo l’autore di questa lettera, vent’anni dopo il fallito tentativo di presa del potere di Jeshu (naturalmente occultato nelle narrazioni successive) vi era a Gerusalemme, cioè nell’ambiente ebraico dove si stava preparando la rivolta contro Roma, tra i seguaci di Jeshu (che aveva esplicitamente dichiarato di non volere modificare “neppure uno iota della legge” mosaica) addirittura una corrente, rappresentata da Paulus, che si opponeva alla circoncisione dei pagani convertiti.

nella Lettera ai Galati poi, palesemente, il discorso va molto oltre, e diventa una specie di proclama dell’opposizione generale fra chi crede doverosa la circoncisione e chi la ritiene superata come tutta la legge mosaica: in una parola fra ebraismo e cristianesimo, visto come religione che rifiuta la circoncisione.

ora è evidente che una simile predicazione non poteva passare senza provocare tumulti nell’ambiente fanatico dell’ebraismo palestinese del primo secolo; e infatti gli Atti degli Apostoli narrano (inventandoli) alcuni di questi gravi tumulti provocati da Paulus – che però, incomprensibilmente, sono del tutto sconosciuti allo storico che racconta in ogni dettaglio la storia ebraica del primo secolo, Giuseppe Flavio, che ignora completamente che durante la sua giovinezza vi fossero stati a Gerusalemme episodi di questo tipo.

in compenso, però, gli Atti, così come le Lettere pseudo-paoline, ignorano completamente da parte loro i veri fatti storici del periodo che Giuseppe Flavio narra.

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che vi potesse essere nel I secolo una simile divergenza interna al mondo ebraico sul tema della circoncisione e più in generale del rispetto della legge mosaica è cosa tanto più straordinaria, a parte ogni verosimiglianza storica, in quanto anche altre testimonianze storiche dell’epoca tracciano un quadro del tutto diverso:

Seneca, presunto contemporaneo di questo Paulus da romanzo, parla degli ebrei dicendo nel De superstitione, citato da Agostino, De civitate Dei, 6, 110, che gli sconfitti hanno dato leggi ai vincitori:  

Cum interim usque eo sceleratissima gentis consuetudo convaluit, ut per omnes iam terras recepta sit: victi victoribus lege dederunt; frattanto l’abitudine scelleratissima di quel popolo si diffuse al punto da essere recepita ormai in ogni angolo della terra: così i vinti imposero le loro leggi ai vincitori.

non si riferisce in particolare alla circoncisione, ma piuttosto al rispetto del sabato come giorno festivo: vari altri autori testimoniano di come molti romani si adeguassero ai riti ebraici del sabato (Persio 5, 176-84) e Giuseppe Flavio, Antichità ebraiche, 18, 81, racconta che Fulvia, moglie di Saturnino, amico di Tiberio, era una proselita dei costumi ebraici.

insomma, quello dei romani “giudaizzanti” era un fenomeno abbastanza diffuso nell’impero romano del primo e del secondo secolo; anzi fu proprio all’inizio di questo secolo che cominciò ad essere contrastato attivamente: Dione 67, 14, 1-2 riferisce che il console Flavio Clemente, parente di Domiziano, viene condannato a morte nel 91 con l’accusa di ateismo, “un’accusa in base alla quale molti altri che si erano indirizzati alle usanze ebraiche furono condannati”: fra questi anche Flavia Domitilla, moglie di Clemente, bandita, e Acilio Gabrione, uomo di antica nobiltà, giustiziato.

ma questi giudaizzanti proprio in questo si distinguevano, nel rispetto rigoroso e puntuale dei rituali ebraici: in nessun caso si accenna a convertiti che rifiutavano di seguirli o di farsi circoncidere: la cosa non sarebbe passata certo inosservata.

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il problema era addirittura ancora vivo alla fine del II secolo: nel Codex Theodosianus 16, 9, 1 è contenuto un editto di Antonino Pio, ripetuto da Settimio Severo all’inizio del III secolo, che vietava la circoncisione di schiavi cristiani ad opera di ebrei, e testimonia quindi che soltanto in questo periodo si è venuta a creare una netta distinzione fra cristiani che non circoncidono ed ebrei che lo fanno: 

Si quis iudaeorum christianum mancipium vel cuiuslibet alterius sectae mercatus circumciderit, minime in servitute retineat circumcisum, sed libertatis privilegiis, qui hoc sustinuerit, potiatur etc. 

Se qualche ebreo, dopo avere comperato uno schiavo cristiano o di qualche altra religione, lo circoncide, non potrà trattenerlo in schiavitù dopo averlo circonciso, ma lo schiavo che ha subito la circoncisione usufruirà dei privilegi della libertà.

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ma nella Lettera ai Galati si parla di una situazione opposta, cioè di cristiani che vengono perseguitati perchè NON circoncidono i convertiti; a che cosa può essere ricondotta questa strana situazione?

a mio parere soltanto alla seconda rivolta ebraica del 132-13 d.C., quella di Simone Bar Kokhba: fu in quella occasione che sappiamo dagli storici che Simone prese provvedimenti contro i cristiani che non lo seguirono nella rivolta e in questo contesto va probabilmente anche inserito l’obbligo della circoncisione.

l’autore del romanzo epistolare di Paulus, che vive in questo periodo (così come l’autore degli Atti), trasferisce quasi inconsapevolmente il problema che esisteva ai suoi giorni a ottant’anni prima, quando non aveva motivo di esistere.

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ma del carattere apertamente romanzesco di questa lettera, scritta ottant’anni dopo l’epoca alla quale è attribuita, fa fede ulteriore il seguente passaggio:

1, 18 In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; 19 degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.

è possibile che 1, 19 sia un inserimento successivo; e tuttavia vale la pena di soffermarsi sulla figura di questo “fratello di Jeshu”, citato come tale anche nel Vangelo secondo Luca.

ebbene, vi sono molti motivi per pensare che Jeshu non abbia avuto alcun fratello di questo nome, ma che la figura di questo, che fu poi considerato il suo diretto successore a Gerusalemme, abbia avuto un’origine quanto mai bizzarra, a partire da questo passo delle Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio:

2oo Con il carattere che aveva, [il sommo sacerdote] Anano pensò di avere un’occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: cosi convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, e certi altri, con l’accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.

201 Ma le persone più equanimi della città, considerate le più strette osservanti della Legge, si sentirono offese da questo fatto. Perciò inviarono segretamente (legati) dal re Agrippa supplicandolo di scrivere una lettera ad Anano che il suo primo passo non era corretto, e ordinandogli di desistere da ogni ulteriore azione.

202 Alcuni di loro andarono a incontrare Albino che era in cammino da Alessandria informandolo che Anano non aveva alcuna autorità di convocare il Sinedrio senza il suo assenso.

203 Convinto da queste parole, Albino inviò una lettera sdegnata ad Anano minacciandolo che ne avrebbe portato la pena dovuta. E il re Agrippa, a motivo della sua azione depose Anano dal sommo pontificato che aveva da tre mesi, sostituendolo con Gesù, figlio di Damneo.

in realtà, nel testo trasmesso dai codici tardi che abbiamo, “Giacomo, fratello di Gesù” è seguito dalle parole “che viene definito il messia”, cioè il Cristo, l’Unto del Signore.

ma è abbastanza evidente che il Gesù di cui si parla qui e di cui Giacomo era fratello, è quello figlio di Damneo, che viene fatto succedere ad Anano nell’incarico di sommo sacerdote.

la definizione di fratello di Gesù il Cristo, data a questo Giacomo, è una manomissione abbastanza evidente (che oltretutto discorda fortemente dal Testimonium Flavianum, come si vedrà sotto).

ed è su questa base che si crea addirittura la leggenda del martirio di Giacomo, fratello di Jeshu, che non risulta attestata da nessun altro documento.

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i cristiani del II secolo avevano un grave problema da risolvere, ed era quello che Giuseppe Flavio, nelle sue due accurate opere storiche sulla Palestina, apparentemente non nomina mai Jeshu.

al problema ovviarono in due modi: inserendo il cosiddetto Testimonium Flavianum, un brevissimo passo dove Giuseppe Flavio direbbe che Jeshu era il messia, fece miracoli e risorse, fondando una sua religione – ma si può tranquillamente escludere che questo passo sia suo -; e poi qui, dove trasformano un Giacomo, fratello di Gesù, figli entrambi di Damneo, in un Giacomo fratello dello Jeshu del cristianesimo.

e su questo passo fondarono addirittura la leggenda del martirio di Giacomo.

ora, basta rileggere il passo per accorgersi che quel Giacomo non venne affatto lapidato, perché la condanna venne bloccata dall’intervento degli ebrei più osservanti della Legge per proteggerlo.

ora, come potrebbe essere plausibile che questo Giacomo, così osservante e fratello addirittura del nuovo sommo sacerdote ebraico, abbia qualcosa a che fare con ambienti cristiani nei quali addirittura si cominciava a negare il valore della circoncisione?

eppure da questa piccola manipolazione del testo di Giuseppe Flavio nuove una intera e resistentissima tradizione cristiana su Giacomo, fratello del Signore, al quale non si mancano di attribuire perfino, a sua volta, una Lettera.

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l’abbandono del rito della circoncisione e la sostituzione col rito del battesimo è uno degli aspetti fondanti della nuova religione cristiana nel momento in cui si separò definitivamente dall’ebraismo: ma questa separazione avvenne all’inizio del II secolo, non prima: è in quel contesto che aveva senso immaginare un dibattito (mai avvenuto) tra i primi seguaci di Jeshu e questo immaginario Paulus per sostenere l’inutilità, anzi la dannosità, della circoncisione per la salvezza.

e il fatto che in questo contesto ci si riferisca a questo Giacomo, attribuendogli un ruolo dominante nella comunità cristiana originaria, accanto a Simone Cefa, non fa che consolidare i dubbi sulla vera origine storica di questa Lettera.

in ogni caso, per le problematiche che tratta e per il modo in cui le tratta essa appartiene integralmente non all’ambiente culturale e religioso del I secolo, ma a quello del II, quando l’impero cominciò a contrastare la diffusione dei culti giudaizzanti, e allora divenne opportuno porsi il problema di un abbandono della circoncisione stessa.

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