Guangzhou (Canton) paranormale e Guilin di conseguenza – My roundtheworld n. 25 – 496.

Il viaggio per Guangzhou, tappa obbligata per ogni passaggio ulteriore, dura due ore e mezza di autostrada, da me occupate di nuovo per ampia parte dormendo, e non avrebbe nulla di eccezionale se non il fatto che al momento stesso che sono in autobus non ho ancora deciso se fermarmi un questa straordinaria metropoli di 12 milioni di abitanti, che la guida Lonely Planet presenta in modo decisamente ostile.

Il mio sarebbe dunque un interesse prevalentemente culturale, considerando che fu questa, poi detta Canton dai portoghesi, la principale città di riferimento di Marco Polo (?) – così pensavo io, ma ora che controllo verifico che è vero anzi il contrario: non la nomina mai -, che da qui comunque passavano i principali commerci con l’Europa nei secoli passati, che qui arrivarono i gesuiti, ed è da Canton, la terza città della Cina per grandezza, che è partita la rivoluzione cinese.

e mi sembra impossibile che di tanto passato non sia rimasta quasi traccia interessante.

* * *

Sto quindi quasi orientandomi per il sì, quando la città comincia ad emergere dalle mia fantasie indistinte e ad assumere l’aspetto di una sfilata mostruosa di costruzioni: un impatto duro, brutale, con la realtà.

Qualcosa che fa impallidire Hong Kong e in fondo la raffinata eleganza perseguita nelle sue costruzioni, che pure violentavano l’ambiente in modo incredibile.

Qui la città è grande il doppio: è una piovra mostruosa che si estende per decine di km, dove le costruzioni non pare abbiano mai fine e, dove accennano a farlo, sono sostituite da gru e cantieri a perdita d’occhio.

Il tutto ha qualcosa di visivamente brutale, di indifferente alla realtà; si capisce che non è direttamente la speculazione a guidare questi architetti, quanto la voglia di strafare, di battere ogni forma di modernità possibile.

* * *

E a questo punto avviene qualcosa che non posso che definire para-normale; una specie di oscura percezione si impadronisce di me e spande un’ansia selvaggia in tutte le mie vene.

È come se un urlo di sofferenza inaudita si sollevasse da queste sagome alte decine di piani, è come se tutto il dolore che è costato costruirle in termini di fatica umana ritornasse concentrato attorno ad una domanda indistinta, che provo a razionalizzare, ma è semplicemente “che cosa succederà di tutto questo?”

Che cosa succederà di te Canton, che sei “acqua e luce”, Guangzhou (廣州, 广州) – se non sbaglio a tradurre zhou, che ricordo volesse dire acqua -, quando la follia che ti ha costruito si troverà improvvisamente di fronte ai limiti oggettivi delle possibilità: che cosa sarà dei milioni di persone che oggi ti abitano, mangiano, vivono, lavorano, sospese ad un equilibrio che ha già dell’impossibile e non se ne rendono conto?

Ma sto razionalizzando in qualche modo: l’unica verità da dire è che improvvisamente percepisco Canton come città di pena, assurda, delirante, sovrastata da qualche catastrofe, e decido di fuggirne appena possibile.

* * *

Non resta dunque che alla stazione del bus cercare il metrò che dovrebbe portarmi all’altra stazione dei viaggi a lunga percorrenza, secondo la Lonely Planet: ma solo la discesa dall’autobus climatizzato conferma la bontà della scelta: una vampata violenta di calore che ha l’intensità del forno mi investe fino quasi a stordirmi: via, via; fuggire, fuggire!

E del metrò nessuna traccia: ma ho davanti a me dei pick up e contratto rapidamente il prezzo mostrando sulla guida il nome cinese del luogo dove devo andare; ci accordiamo per 4 euro, un prezzo che mi pare onestissimo, e dopo un discreto viaggetto ecco che il mio driver mi lascia davanti a una specie di centro commerciale, facendomi segno di girargli intorno.

Che mi abbia fregato? mi chiedo da perfetto italiano; ma non è questo il tipo di fregatura che ti può dare un cinese; ecco arrivano in fretta donne che chiedono una cifra esosa per portarmi la valigia, ci sono scale da fare con zaino a tracolla e valigione in mano: 30 chili in tutto.

Indecifrabili i cartelli, ma tutti sono disponibili ad aiutare e alla fine ecco fatto il biglietto per Guilin, una pittoresca città molto più all’interno, che la Lonely Planet definisce raggiungibile in circa 10 ore.

Ho preso, e mi maledico, l’autobus delle 18, anziché quello delle 20, non pensando bene che arriverò alle 4 di mattina (errore di calcolo!) e troverò tutto chiuso; ma restare ancora in quella calura non mi pareva sopportabile.

* * *

Ma ecco una bella novità: dev’essere per il viaggio così lungo che quando saliamo, dopo essere stati costretti a toglierci le scarpe e a infilarle in un sacchetto, scopro che la sistemazione è in cuccette: ottima l’idea di passare le ore almeno distesi, mi dico (anche se alla prova dei fatti la mia schiena non sarà d’accordo).

Sono un tipo raro da queste parti: di turisti occidentali non se ne vedono molti, e mi accorgo che tutti mi hanno come preso in carico; quando l’autobus si ferma per la toilette a metà percorso e io ne approfitto anche per comperami qualcosa da bere e da mangiare, non mi preoccupo di memorizzare come è fatto, tanto c’è solo lui; ma bastano i due minuti messi nell’operazione e gli autobus sono due; e quando mi dirigo a quello più avanti, pensando a logica che sia quello arrivato prima, ecco che un ragazzo mi chiama: ecco, dirà in cinese, onorabile vecchio, il tuo autobus è questo!

E così quando passiamo per la città di Ninghao, il vicino mi scuote improvvisamente per sapere se è qui che devo scendere; gli dico di no, e così,  quando cominciano le diverse fermate di Guilin, tutti mi guidano dicendomi di aspettare (una bella signora in particolare),

Però, ragazzi, quando mi è caduto il portafoglio di tasca e me lo ha rivelato soltanto il provvidenziale ticchettio di una monetina che lo ha accompagnato, nessuno ha fiatato, vero?

* * *

Lasciamo perdere i due volti della generosità cinese e vediamo il da farsi ora che mi trovo disceso dall’autobus nel cuore della notte alla stazione principale di Guilin, giusto davanti ad un taxi: non resta che farsi portare all’ostello della gioventù sul lato nord ovest di uno dei due laghi centrali della città.

Ma poi, ragazzi: cuore della notte fino a un certo punto, perché – scoprirò controllandolo all’arrivo in camera- è soltanto l’una.

E intanto che il driver percorre chilometri di architetture ultramoderne, io mi chiedo: ma come, è questa Guilin?

Già, perché mi rendo conto di essermi fatto, nelle mie letture preliminari affrettate e nell’esame della cartina, un’idea del tutto sbagliata di questo posto, che trabocca di luoghi pittoreschi da antica stampa cinese, a detta della Lonely Planet, che lo presenta come una pulita località che vive di turismo.

E io mi aspetto una specie di Cortina.

Ma intanto, a giudicare dalla temperatura, siano forse soltanto un paio di gradi al di sotto dell’inferno di Canton, e anche la notte è calda,

Poi pensavo di finire in qualche paesino storico come quelli dei dintorni di Nanjing visitati nel 2010; mi era sfuggito il dettaglio più importante: che il paesino ha 800.000 abitanti.

* * *

Concordato un prezzo di due euro e mezzo per il viaggio (i tassì qui sono straordinariamente economici), la destinazione che do al tassista lo rende perplesso, si consulta anche via radio, ma alla fine, girando qua e là, arriva davvero davanti ad un edificio super-lussuoso: entro e per prima cosa chiedo se è questo proprio l’ostello; la risposta è sì, ma tanto non hanno camere libere; neppure nel dormitory? Neppure, e in ogni caso non accettano ospiti di notte.

O cielo, e allora che si fa?

Il tassista si spende per me, prova ad insistere, ma riesce ad ottenere soltanto l’indirizzo di un hotel che fa reception 24 ore su 24; qui mi chiedono 90 euro, ma comunque possono darmi la camera solo dall’indomani e se lascio una caparra.

Eh no, cerchiamo ancora; al terzo tentativo infruttuoso comincio davvero a disperarmi; sono comunque così stanco che son disposto a tutto; e, a questo punto disperato, il quarto hotel, che è poco distante, dà la soluzione: è iper-lussuoso anche lui, ma mi chiedono poco meno di 30 euro a notte; al tassista lascio 10 euro per le quattro tappe del-LA NOSTRA VIA CRUCIS FINITA BENE, questo è il titolo mentale che do all’avventura.

* * *

E io sono in camera, al decimo piano; una camera da sballo in apparenza – scoprirò domani che la tariffa ufficiale è di 85 euro a notte e per tutto il soggiorno farà fatica a credere che mi hanno fatto uno sconto del 70% – , ma resa fastidiosa da un odore di merdolina cinese che esce dal cesso, dove il sifone del water evidentemente non funziona bene; metto in moto la ventola e chiudo la porta, e poi mi dimentico.

E non me lo faccio dire due volte: dormo; dalla grande finestra domattina vedrò che si vedono i profili bizzarri dei picchi infiniti che circondano Guilin spuntare dai condomini.

Serendipity da nulla: l’angelo custode continua a fare miracoli con me.

Lo dico senza sapere che una nuova serendipity sta per colpirmi ancora, ma sarà domattina.

13 risposte a “Guangzhou (Canton) paranormale e Guilin di conseguenza – My roundtheworld n. 25 – 496.

  1. E’ bellissimo leggerti e ricordare!
    Poi, in pvt, ti racconterò alcune mie avventure in Oriente. Tu sei un uomo. Io sono una donna. ero una ragazza. E’ più difficile. Credimi.
    Non ero sempre sola pero!
    E avevo qualcosa in più di te… in pvt ti dirò tutto!
    Che splendida parola è “serendipity”.
    Ho letto ora che deriva dall’antico nome dello Sri Lanka: Serendippo. Oh, è una storia lunga che puoi trovare su internet anche!
    Allora ti auguro una nuova serendipity!
    Ti abbraccio, Bort!
    🙂
    gb

    • ho scoperto anche io la parola serendipity attraverso il blog: me la fece conoscere adriana, un’amica di blog romena, e l’origine della parola è proprio quella che hai ricordato tu.

      è un vero peccato che tu non racconti le tue avventure in Oriente: da tutte le anticipazioni che fai sono state indubbiamente più curiose e interessanti delle mie…

      ti abbraccio anche io, gelso

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