La Prima lettera ai Tessalonicesi e il suo rapporto con gli Atti degli Apostoli – CCMC 13 – 34.

nell’ultimo post CCMC12 sulle lettere paoline, analizzando la Prima Lettera ai Tessalonicesi, che dovrebbe essere cronologicamente la più antica, se questo epistolario fosse reale e correlato alla cronologia degli Atti degli Apostoli, abbiamo osservato nel testo delle stratificazioni fra diversi soggetti scriventi:

a) il “noi” che corrisponde a Paulus, Silvanus e Timoteus;

b) il “noi” che corrisponde a Paulus e Silvanus, ma non a Timoteus, in quanto di lui di parla in terza persona;

c) l'”io”, riferito a Paulus.

abbiamo ipotizzato, con un buon successo di plausibilità testuale, mi pare, che:

a) i brani riconducibili al primo tipo di firma appartengano ad uno strato originario della lettera, comunque non autentica, dato che lo abbiamo riferito al periodo successivo alla distruzione del tempio di Gerusalemme, date le allusioni ad una terribile punizione divina che sta per abbattersi sugli ebrei;

b) i brani del secondo tipo vadano attribuiti ad un periodo successivo intermedio;

c) i brani del terzo tipo siano dovuti al momento, ancora successivo, dell’assemblamento della Prima lettera ai Tessalonicesi con la Seconda, cioè al momento nel quale venne a costituirsi la raccolta delle lettere paoline come la noi la conosciamo, assemblamento ai limiti della realtà, considerando che la Seconda lettera polemizza contro la prima direttamente, dichiarandola falsa.

abbiamo verificato che il primo livello del testo, corrisponde ad una invocazione generica e anche mediocre dal punto di vista argomentativo al rispetto della morale cristiana; che il secondo livello introduce delle informazioni di carattere biografico sulla vita di Paulus; che il terzo livello introduce delle riflessioni dottrinali sui tempi del ritorno di Jeshu.

abbiamo visto che la successione dei tre livelli è anche cronologica, dato che abbiamo verificato che il terzo livello è innestato a forza nel secondo e lo presuppone.

ora esamineremo le implicazioni di questa ipotesi: anticipo che questa analisi, pur se complessa, porterà a risultati inediti, grazie al nuovo metodo da me seguito, e dimostrerà in via definitiva il carattere di falso delle Lettere.

* * *

posso immaginare che mi si potrà obiettare che, attribuendo ad una manipolazione successiva i passi 2, 1-12 e 3, 1-10 della Prima Lettera ai Tessalonicesi ho eliminato però anche alcuni riferimenti concreti in essi contenuti alla situazione della evangelizzazione paolina a Tessalonica e in Macedonia.

ma proprio questi riferimenti sono al contrario altamente sospetti: non c’è alcun motivo di raccontare ai protagonisti quello che sanno già; o meglio c’è motivo di farlo unicamente se non siamo di fronte ad una lettera realmente rivolta agli interlocutori a cui è apparentemente indirizzata, ma ad una lettera che appartiene ad una sorta di breve “romanzo epistolare”, o meglio ad una raccolta di lettere fittizie composta a fini di edificazione universale.

se non bastassero le considerazioni svolte nel post precedente in base al diverso soggetto logico di questi passi, questo va anzi a ulteriore conferma della tesi sostenuta: anche per questo motivo ritengo che si debba considerare interpolato il seguente passo:

2 [2] Ma dopo avere prima sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.

L’espressione “come ben sapete” indica appunto il disagio stesso del manipolatore che inserisce questi riferimenti narrativi assolutamente inutili per i destinatari, ma funzionali a costituire una sorta di trama narrativa per il lettore comune, che apprende questi fatti per la prima volta.

poiché siamo all’interno del secondo intervento, quello che introduce delle notizie sulla vita di Paulus, è evidente che si pone il problema del rapporto fra le Lettere paoline, e in particolare la Prima ai Tessalonicesi, con gli Atti degli Apostoli, che parlano ampiamente di questi stessi fatti.

* * *

Con l’espressione “come ben sapete”, del resto, l’autore della manipolazione della Lettera allude non solamente alla ovvia conoscenza dei fatti avvenuti in loco e nella vicina Filippi, da parte dei Tessalonicesi, ma anche alla conoscenza di tali fatti da parte del più ampio pubblico al quale le lettere stesse erano realmente destinate.

L’autore di questa interpolazione cioè conosce gli Atti degli apostoli e presuppone che li conoscano anche i suoi lettori.

L’autore della prima stesura della lettere invece li ignora – e la cosa potrebbe sembrare ovvia se la lettera fosse autentica, ma siccome abbiamo visto che fu comporta certamente dopo la morte di Paulus, questo significa che la composizione degli Atti degli apostoli si colloca in una fase intermedia tra la prima stesura di questa Lettera e la sua pesante ristrutturazione successiva.

* * *

negli Atti degli Apostoli il racconto degli oltraggi subiti a Filippi da Paulus e compagni è contenuto in 16, 10-46; sono avventurose traversie, quasi del tutto romanzesche nel tono, che comprendono la conversione di una venditrice di porpora e di una schiava indovina che smette di esercitare la professione per questo, con la denuncia di Paolo e seguaci da parte del suo padrone, il loro arresto e la liberazione a seguito di un terremoto; eccole:

10Dopo che Paulus – ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il vangelo. – vangelo significa qui, come abbiamo visto in CCMC 11, l’assunzione al trono come imperatore universale di Jeshu.

11Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli 12e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia.

Restammo in questa città alcuni giorni. 

13Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. 

14Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paulus. 

15Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo:

«Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa».

E ci costrinse ad accettare.

16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una schiava che aveva uno spirito di divinazione: costei, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. 
17Ella si mise a seguire Paulus e noi, gridando:
«Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunciano la via della salvezza». 
18Così fece per molti giorni, finché Paulus, mal sopportando la cosa, si rivolse allo spirito e disse:
«In nome di Gesù Cristo ti ordino di uscire da lei».
E all’istante lo spirito uscì.

19Ma i padroni di lei, vedendo che era svanita la speranza del loro guadagno, presero Paulus e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città. 

20Presentandoli ai magistrati dissero:

«Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono ebrei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare». 

22La folla allora insorse contro di loro e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. 

24Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.

25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. 
26D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. 
27Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. 
28Ma Paolo gridò forte:
«Non farti del male, siamo tutti qui». 
29Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; 30poi li condusse fuori e disse:
«Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». 
31Risposero:
«Credi nel Signore Jeshu e sarai salvato tu e la tua famiglia».
32E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. 
33Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; 34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire:

«Rimetti in libertà quegli uomini!».

36Il carceriere riferì a Paulus questo messaggio:

«I magistrati hanno dato ordine di lasciarvi andare! Uscite dunque e andate in pace». 

37Ma Paulus disse alle guardie:

«Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, pur essendo noi cittadini romani, e ci hanno gettato in carcere; e ora ci fanno uscire di nascosto?

No davvero! Vengano loro di persona a condurci fuori!». 

38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole.

All’udire che erano cittadini romani, si spaventarono; 39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di andarsene dalla città. 

40Usciti dal carcere, si recarono a casa di Lidia, dove incontrarono i fratelli, li esortarono e partirono.

* * *

una osservazione molto importante: il momento nel quale è contenuto negli Atti degli Apostoli questo resoconto  inaugura una nuova sezione di questo testo, nella quale compaiono ampi brani scritti per la prima volta in prima persona plurale, come se fossero narrati da parte di qualcuno che avesse partecipato a questi fatti come protagonista e li attestasse de visu.

naturalmente solo uno spudorato bugiardo o un mitomane esaltato poco padrone di sé potrebbe raccontare questi fatti come veri: la pazzoide che segue i predicatori e viene risanata mentalmente da un esorcismo contro il demone che la possiede; un terremoto che spezza le catene dei carcerati; un carceriere che vuole suicidarsi perché pensa che i suoi prigionieri siano scappati prima ancora di averlo verificato; Paulus arrestato che intimidisce i giudici e li minaccia, in quanto cittadino romano: tutto il racconto è semplicemente risibile in termini storici.

* * *

Resta però un interessante parallelismo tra la struttura delle lettere e quelle di questa presunta cronaca autobiografica di gruppo contenuta negli Atti, e cioè entrambe iniziano da un punto di vista cronologico col riferimento ai fatti di Filippi, al soggiorno successivo a Tessalonica e poi al passaggio di Paulus ad Atene e a Corinto, dalla quale città sarebbe stata scritta la Prima lettera ai Tessalonicesi, dopo il ricongiungimento con Sila e Timoteus.

il “noi” che compare negli Atti è dunque riferito a Paulus, a Sila, che possiamo identificare con Silvanus, nonostante resti da spiegare l’uso di due varianti del nome diverse nei due testi, e un terzo personaggio, che però non dovrebbe essere Timoteus, bensì l’autore degli Atti, ovverossia Luca.

Timoteus non viene nominato negli Atti come presente a Filippi: la sceneggiatura della Lettera vacilla.

* * *

il resoconto della visita di Paulus a Tessalonica è contenuto in 17, 1-15.

per poter seguire il resto del mio discorso è necessario averlo ben presente, quindi lo riporto qui:

17 1 Percorrendo la strada che passa per Anfìpoli e Apollònia, giunsero a Tessalònica, dove c’era una sinagoga dei Giudei.

2Come era sua consuetudine, Paulus vi andò e per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture, 3spiegandole e sostenendo che il Messia doveva soffrire e risorgere dai morti.

E diceva: «Il Messia è quel Jeshu che io vi annuncio». 

4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paulus e a Sila, come anche un grande numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà. 

5Ma i Giudei, ingelositi, presero con sé, dalla piazza, alcuni malviventi, suscitarono un tumulto e misero in subbuglio la città.

Si presentarono alla casa di Giasone e cercavano Paulus e Sila per condurli davanti all’assemblea popolare. 

6Non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli dai capi della città, gridando:

«Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono venuti anche qui7e Giasone li ha ospitati.

Tutti costoro vanno contro i decreti dell’imperatore, perché affermano che c’è un altro re: Jeshu». 

8Così misero in ansia la popolazione e i capi della città che udivano queste cose; 9dopo avere ottenuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li rilasciarono. 

10Allora i fratelli, durante la notte, fecero partire subito Paulus e Sila verso Berea.

Giunti là, entrarono nella sinagoga dei Giudei. 

11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalònica e accolsero la Parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così. 

12Molti di loro divennero credenti e non pochi anche dei Greci, donne della nobiltà e uomini. 

13Ma quando gli ebrei di Tessalònica vennero a sapere che anche a Berea era stata annunciata da Paulus la parola di Dio, andarono pure là ad agitare e a mettere in ansia la popolazione. 

14Allora i fratelli fecero subito partire Paulus, perché si mettesse in cammino verso il mare, mentre Sila e Timòteus rimasero là.

15Quelli che accompagnavano Paulus lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l’ordine, per Sila e Timòteus, di raggiungerlo al più presto.

segue (17, 16-34) il racconto del soggiorno di Paulus ad Atene, col celebre episodio della discussione nell’areopago, e infine viene data questa altra informazione:

18 1 Dopo questi fatti Paulus lasciò Atene e si recò a Corinto. (…)

5Quando Sila e Timòteus giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla parola, testimoniando davanti agli ebrei che Jeshu è il Messia.

c’è un silenzio assordante in questa cronaca: nessun riferimento mai negli Atti, al fatto che Paulus avrebbe composto o da Atene o da Corinto e inviato una lettera ai Tessalonicesi.

peggio ancora: mai negli Atti si fa il minimo riferimento a lettere scritte da Paulus: come è possibile, se non perché l’autore degli Atti non le considerava autentiche, anzi voleva, con la sua ricostruzione dei fatti, metterne in mostra la falsità?

* * *

A questo punto è possibile ritornare al rapporto tra il testo di questa Lettera e gli Atti degli apostoli nella descrizione dello svolgimento dei fatti.

la Lettera, nella sua versione originaria, diceva qualcosa che veniva smentito dagli Atti.

basta guardare alla sua semplice intestazione per coglierlo: la lettera si presentava come scritta collettivamente da Paulus, Silvanus e Timoteus alla comunità di Tessalonica, e i tre dicevano di essere stati assieme a Tessalonica a predicare, di avere desiderato, sempre assieme, di ritornare a Tessalonica poco tempo dopo essersene allontanati “per qualche tempo” (2, 17), di essere assieme (in un luogo imprecisato) a scrivere.

gli Atti invece riferiscono che, dopo la fuga dei tre da Tessalonica, il solo Paulus si era allontanato subito da Berea, mentre Timoteus e Silvanus erano rimasti lì e lo avevano raggiunto quando era già a Corinto, dopo il suo soggiorno, per quanto breve, ad Atene.

si tratta di due versioni dei fatti totalmente incompatibili fra loro, ma entrambe presentate come espressione di testimonianze dirette di protagonisti: Paulus, Silvanus e Timoteus nella lettera; e l’autore degli Atti, che, usando la prima persona plurale si presenta come partecipe ai fatti e lo fa proprio a partire da questo punto, dal momento cioè nel quale ha davanti la più antica delle pseudo-lettere paoline, quella ai Tessalonicesi.

* * *

protagonisti diretti pretendono di essere i due autori, anche se nessuno dei due lo era davvero; ma in contraddizione fra loro: dunque questo metteva in discussione l’autenticità della Lettera.

di più, questo permette a noi di dire che chi scrisse gli Atti voleva togliere alla Lettera credibilità.

gli Atti rappresentano una smentita della versione data dalla Lettera e dunque anche della sua complessiva attendibilità.

chi li ha scritti sta dicendo: le cose non sono andate effettivamente così: Paulus, Silvanus e Timoteus non erano assieme a scrivere la lettera; io, sì, so come sono andate davvero le cose, e non era possibile che scrivessero una lettera assieme: erano stati separati per un certo periodo; Paulus e Sila più Timoteus si erano ricongiunti a Corinto e non ad Atene, dove si era rifugiato il solo Paulus, mentre loro erano rimasti a Berea.

e se dico che gli Atti furono scritti CONTRO la prima versione delle Lettere, non vi sembri strano che alla fine il canone cristiano metta insieme come sacri e ispirati da Dio testi che sono stati scritti l’uno contro l’altro, per smentirsi a vicenda: questo è successo persino con la Prima e la Seconda Lettera ai Tessalonicesi!

* * *

Evidentemente la prima versione della Lettera è stata scritta PRIMA della stesura degli Atti e, pur non contenendo ancora le manipolazioni sulla missione di Timotheos a Tessalonica, quanto scritto negli Atti bastava a smentirla e a mettere in dubbio la sua autenticità.

Siamo veramente giunti ad una domanda fondamentale e ad un passaggio veramente decisivo, ma, per quanto la situazione sia ingarbugliata ai limiti dell’impossibile, credo di avere trovato la risposta, e questa risposta ci conduce anche direttamente alla risposta alla questione sull’autenticità delle lettere di Paulus, o almeno di questa…

* * *

Se di uno stesso fatto abbiamo due versioni differenti, una di un documento che si pretende redatto in situazione e una di una ricostruzione storica successiva, è abbastanza evidente che il documento più credibile dovrebbe risultare il primo, quello scritto in situazione (a meno che non ci siano dei motivi particolari per pensare che dia volutamente una versione falsa dei fatti).

Quindi nessun dubbio che in questo contesto la Lettera dovrebbe essere considerata più precisa ed attendibile e gli Atti, scritti successivamente, pur se a quanto si dice da un co-protagonista, Luca, dovrebbero essere considerati il testo che dà la versione più imprecisa.

* * *

Invece avviene il contrario, cioè la Lettera, che dovrebbe essere il documento originale, capace di avere più forza della ricostruzione storica, viene rimaneggiata, per tentare malamente di adeguarla in qualche modo alla versione degli Atti.

perché?

Evidentemente perché era falsa, e il primo livello di rimaneggiamento della Lettera è probabilmente compiuto dall’autore stesso del falso.

* * *

Se Paulus avesse effettivamente scritto le Lettere sarebbe impossibile che modificasse la sua Lettera per adeguarla alle cronache dell’autore degli Atti, che si fa identificare con Luca, uno dei suoi più stretti collaboratori e accompagnatori nei suoi viaggi, 

Questa maggiore autorevolezza degli Atti rispetto alle Lettere fa capire che il loro carattere apocrifo era ben noto e perfino scontato quando apparvero, almeno per gli addetti cristiani ai lavori di indottrinamento del popolo…

* * *

è giunto ora il momento, però di approfondire l’analisi delle modifiche introdotte nel secondo momento di queste manipolazioni nel testo originario (ma non per questo autentico) della Lettera.

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