R.R., il suo Israele, 9. Mai più Masada cadrà – La fortezza di Erode il Grande, simbolo della libertà del popolo ebreo – oppure?

21 agosto martedì   04:42

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Caro Mauro,
nonostante il caldo da Mar Morto, anche Masada è giunta alla sua conclusione, seguendo il periglioso sentiero del Serpente, considerando la tua conoscenza dell’argomento che mi esporrà sicuramente a osservazioni e forse a critiche.

Dal canto mio, ho cercato di spiegare quanto ho osservato nel sito, utilizzando le informazioni fornite dalla nostra guida e dalle pubblicazioni più recenti.

L’oggetto del contendere sarà sicuramente la veridicità del suicidio di massa narrato da Giuseppe Flavio e che gli stessi studiosi israeliani oggi tendono a negare.

Io mi sono limitata a riportare le obiezioni che ho sentito a riguardo.

Non so se questa negazione possa avere anche una motivazione di carattere religioso, perché il suicidio non è ammesso dalla Legge ebraica….

Oltre alle foto c’è anche il video, così questa fortezza potrai proprio “girarla” per bene Occhiolino

E adesso Gerusalemme!

A presto

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cara R.R., mi ha fatto persino sorridere la tua preoccupazione per le mie critiche… così terribile sono stato nei miei commenti precedenti?

comunque, non temere, verranno anche questa volta, anche se non sono certo rivolte a te e al tuo bellissimo lavoro.
però, siccome il post è già molto lungo, ed esse riguardano un punto storico veramente fondamentale, e inoltre risulteranno particolarmente rivoluzionarie, per il momento mi accontento di osservare che la negazione del suicidio di massa degli zeloti in base all’argomento che non sono stati ritrovati i corpi dei 900 suicidi mi sembra particolarmente fragile, dato che evidentemente essi furono bruciati e le ceneri disperse.
d’altra parte abbiamo già avuto un accenno di discussione su questo punto, quando ho scritto che la resistenza e il suicidio degli zeloti a Masada è ben più documentato archeologicamente dell’esistenza di una sinagoga a Nazaret.
tu stessa del resto hai indicato una delle possibili motivazioni dovute a forme di integralismo religioso di questo “revisionismo storico”, che ad esempio, è documentato anche qui: http://www.storiainrete.com/1344/storia-antica/masada-un-mito-che-si-infrange/; trovo comunque nel suo insieme molto più equilibrato questo altro, più autorevole, intervento: http://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/masada.htm
ma non facciamoci prendere subito dalla voglia di discussione.
ti do appuntamento ad un mio prossimo intero post sulla questione.
un caro saluto, un arrivederci presto e un grazie ancora.

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la rocca di Masada

E oggi ci attende Masada, la grande fortezza che domina il deserto di Giuda, costruita su uno sperone roccioso come la prua di una nave a tre gradoni da Erode il Grande (dal 37 al 31 a.C.), quando, durante le sue guerre contro i Parti, contro Antioco e le controversie contro i Romani e Cleopatra non fidandosi più di nessuno, si asserragliò in questo luogo in diverse occasioni; inoltre vi lasciò i propri familiari quando andò a Roma per ottenere aiuti militari e per chiedere la corona della Giudea.

Un uomo abile e spietato che sospettando della moglie Mariamne, non esitò ad ucciderla come poi fece anche i suoi due figli, ultimi discendenti della stirpe degli Asmonei (un ramo dei Maccabei) e per questo ritenuti estremamente pericolosi per il suo regno.

Abbiamo già incontrato esempi della sua intraprendenza a Cesarea, dove fece costruire il suo sfarzoso palazzo di fronte al mare e il porto che tanta fortuna avrebbe avuto fino al Medioevo.

Ma è qui a Masada che Erode mise in campo i suoi architetti e ingegneri migliori forse anche per sfoggiare di fronte agli ospiti la sua potenza e la pressoché illimitata autonomia della fortezza.

Essa, infatti, era dotata di un sistema di cisterne così ingegnoso e vasto da permettere di resistere ad un assedio per cinque anni.

Inoltre, vi erano enormi magazzini stipati di grano, altri cereali e datteri, che, dato il clima secco, si conservavano perfettamente per lunghissimi periodi.

* * *

Secondo Giuseppe Flavio quando gli Zeloti si asserragliarono qui (dopo il 70 d. C.) sotto la guida di Eleazar Ben Yair; erano ancora rimaste le provviste accumulate da Erode con grandi quantità di cereali e datteri, tanto che durante gli oltre due anni di assedio dei Romani non ebbero alcun problema legato ai viveri (la fortezza cadde nella primavera del 73 d. C.).

Inoltre gli assediati potevano anche cibarsi costantemente di carne e uova visto che c’erano due colombai utilizzati per l’allevamento degli uccelli i quali non venivano chiusi dentro ma erano liberi di volare dove volevano tanto sarebbero sempre tornati alla base a causa dell’impossibilità di trovare cibo e acqua in altri luoghi.

Un caso eclatante della capacità di questi magazzini di mantenere inalterate le provviste a distanza di tempo è legato ai datteri di palma che qui sono enormi, buonissimi e si chiamano medjoul, una vera squisitezza con una lunghissima vita, perché possono essere consumati senza deteriorarsi dopo anni ed anni, e, addirittura, un seme di duemila anni fa, ritrovato a Masada, nel 2005 è stato fatto germogliare nuovamente.

L’unico problema, ci spiegava la nostra guida, è che poiché la palma da dattero è una specie dioica, che presenta cioè esemplari con gameti femminili e altri con gameti maschili, la pianta in questione non potrà più essere riprodotta in sé e per sé, mantenendo la sua antichità, a meno che non si riesca a far germogliare un altro seme altrettanto antico che dia origine ad una palma dell’altro sesso.

In ogni caso la scoperta ha fatto giustamente notizia, anche per il suo valore simbolico: il luogo dove morirono gli ultimi difensori della libertà degli Ebrei ha generato dalle sue ceneri una nuova vita..

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Avvistiamo l’alto sperone roccioso dal profilo inconfondibile, e il terribile sentiero del Serpente, così chiamato anche da Giuseppe Flavio che lo descrisse come pericoloso e pieno di insidie e burroni.

E’ praticabile fino alle 10 del mattino, poi date le alte temperature, non è più consentito salire a piedi.

Noi però non abbiamo alcuna intenzione di fare gli eroi, e poi forse, a questo punto, sarebbe meglio passare direttamente dal sentiero romano dall’altra parte del monte, più ripido, ma molto più corto.

Però, alla fine, la funivia è così panoramica!

Masada dall’alto

In breve tempo, dominando la vastissima distesa del deserto, arriviamo sulla grande spianata della fortezza, cinta ancora da 21 delle 35 torri ricordate da Giuseppe Flavio e ferita nella cinta muraria dalla breccia romana dalla quale passarono gli uomini della X legio Fretensis guidata da Flavio Silva.

Sulla nostra destra vediamo le mura del palazzo dedicato all’amministrazione e i magazzini e poi le grandi terme che suscitavano l’incredulità degli ospiti, visto che si trovavano in pieno deserto.

terme: pilastrini del pavimento radiante

Il palazzo privato dell’imperatore era diviso in tre piani proprio nella parte più inespugnabile della montagna, lungo l’immaginaria prua rocciosa.

L’edificio era sontuoso con tre grandi corpi di fabbrica affacciati sulla desolata pianura, con colonne in un unico pezzo e pareti affrescate e decorate con mosaici.

Nel piano mediano si poteva ammirare anche una rotonda con colonnato.

Questo palazzo venne costruito per ultimo, quando Erode aveva preso definitivamente il potere, mentre il palazzo occidentale e quello dell’amministrazione sarebbero stati edificati durante le precedenti guerre di Erode per la conquista del potere.

Poiché Erode era affetto da manie di persecuzione fino alla paranoia, nella sua residenza privata non poteva mettere piede nessuno, perciò gli ospiti erano alloggiati nel palazzo occidentale, dove c’erano anche la sala del trono e la corte ufficiale.

* * *

Quando gli Zeloti si ritirarono qui utilizzarono alcuni ambienti del palazzo e edificarono sopra i mosaici delle rudimentali costruzioni, compreso un mikve’ rituale, vicino alla sinagoga.

Quest’ultima ha un significato particolare per gli ebrei perché viene considerata la più antica di Israele, essendo contemporanea al Tempio.

In essa vediamo dei sedili in pietra aggiunti dagli Zeloti; inoltre sotto il pavimento dell’angolo nord-ovest sono stati ritrovati frammenti del Libro di Ezechiele e del Deuteronomio.

In un ambiente lì accanto scopriamo un copista in piena attività vestito con il tallit di preghiera e la kippah.

L’emozione è forte: qui c’è il cuore di questo popolo perennemente oppresso e vilipeso, ma sempre risorto dalle proprie ceneri con un eroismo che lascia senza parole.

* * *

Qui vicino, nelle stanze dei Rotoli sono stati scoperti frammenti di manoscritti tra i quali quelli dei Canti della santificazione del Sabato, noti dai rotoli ritrovati a Qumran, altri frammenti rinvenuti riproducono brani del Libro dei Salmi, del Levitico e del Libro della Saggezza di Ben Sira, noto a noi come Ecclesiaste;per questo motivo e per la presenza di due bagni rituali nel sito, si è pensato che anche alcuni Esseni si fossero alla fine ritirati qui, poiché, secondo Giuseppe Flavio, vennero anch’essi perseguitati crudelmente dai Romani.

Il ritrovamento all’interno della spianata della fortezza di molte monete coniate dagli indipendentisti conferma l’orgogliosa rivendicazione della propria identità e dell’esistenza dello stato ebraico rispetto ai Romani invasori.

monete del regno di Israele proclamato dai rivoltosi di Masada

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Durante il nostro lungo giro tra le rovine arriviamo alla “Porta dell’acqua” dove giungevano i condotti dalle alture circostanti del deserto, con lo stesso principio già utilizzato a Qumran, ma ancora più ingegnoso e complesso, l’acqua veniva incanalata attraverso piccoli condotti all’aperto e per caduta risaliva i fianchi della fortezza fino alle imboccature delle diverse cisterne che ancora oggi sono visibili sotto di noi.

Ai piedi della ripida altura scorgiamo ancora i segni molto ben visibili degli accampamenti romani che si trovavano tutt’intorno alla fortezza ed erano collegati con un muro in modo da impedire qualunque tentativo di fuga da parte degli assediati.

accampamento romano

Poco più avanti ci troviamo proprio di fronte alla breccia da cui passarono i soldati di Flavio Silva.

Qui i romani per raggiungere le mura della fortezza costruirono un’opera ciclopica: sul pendio naturale, che però era troppo ripido e molto più basso, edificarono con l’aiuto di grandi tronchi legati insieme e riempiti negli interstizi con sabbia e pietrisco, una rampa artificiale che arrivasse fino alle mura e attraverso la quale si potessero trasportare le macchine da guerra e, in particolare, un ariete.

rampa romana

Così riuscirono a praticare una breccia nel muro, ma, nel frattempo, gli Zeloti ne avevano costruito un altro fatto di sacchi di sabbia e tronchi d’albero che resisteva ai colpi di ariete.

Silva, però, non si perse d’animo e visto che questo bastione era formato per la maggior parte di legno, ordinò di incendiarlo.

Come racconta Giuseppe Flavio, per un certo tempo il fuoco si rivolse contro i Romani stessi, poi cambiò direzione e Eleazar e i suoi 960 compagni seppero che ormai tutto era perduto, tanto più che interpretarono l’accaduto come un segno divino.

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Inspiegabilmente i Romani, sempre secondo Giuseppe Flavio, non attaccarono subito, ma attesero la mattina successiva; alle prime luci dell’alba la scena che si presentò davanti agli occhi dei vincitori fu impressionante: tutti gli Zeloti con le loro famiglie si erano suicidati.

Gli unici sopravvissuti erano cinque bambini e due donne che si erano nascosti nelle cisterne.

Nessuno dei Romani ebbe il coraggio di esultare, ma la fortezza resto immersa in un tetro silenzio.

* * *

Leggendario è rimasto il discorso con cui Eleazar esortò i compagni a compiere il folle e coraggioso gesto:

“Da gran tempo noi avevamo deciso, o miei valorosi, di non riconoscere come nostri padroni né i romani né alcun altro all’infuori del Dio, perché egli solo è il vero e giusto signore degli uomini; ed ecco che ora è arrivato il momento di confermare con i fatti quei propositi.

In tale momento badiamo a non coprirci di vergogna, noi che prima non ci siamo piegati nemmeno a una servitù che non comportava pericoli, e che ora assieme alla schiavitù ci attireremo i più terribili castighi se cadremo vivi nelle mani dei romani. Siamo stati i primi, infatti, a ribellarci a loro e gli ultimi a deporre le armi.

Credo poi che sia una grazia concessaci dal Dio questa di poter morire con onore e in libertà, mentre ciò non fu possibile ad altri, che furono vinti inaspettatamente.

Per noi invece è certo che domani cadremo in mano al nemico, e possiamo liberamente scegliere di fare una morte onorata insieme con le persone che più ci sono care.

Né possono impedirlo i nemici, che pur vorrebbero a qualunque costo prenderci vivi, né possiamo noi ormai superarli in battaglia. (…)

Muoiano le nostre mogli senza conoscere il disonore e i nostri figli senza provare la schiavitù, e dopo la loro fine scambiamoci un generoso servigio preservando la libertà per farne la nostra veste sepolcrale.

Ma prima distruggiamo col fuoco e i nostri averi e la fortezza; resteranno male i romani, lo so bene, quando non potranno impadronirsi delle nostre persone e vedranno sfumare il bottino.

Risparmiamo soltanto i viveri, che dopo la nostra morte resteranno a testimoniare che non per fame siamo caduti, ma per aver preferito la morte alla schiavitù, fedeli alla scelta che abbiamo fatta fin dal principio”.

Ancora oggi infatti, l’aviazione israeliana porta come proprio simbolo la fortezza di Masada vista dall’alto con il motto “Mai più Masada cadrà” (in ebraico: Metzadà shenìt lo tippòl).

manifesto della aviazione israeliana

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A livello di rilevanze archeologiche, però, sussistono parecchie perplessità da parte degli archeologi che di recente hanno esaminato la documentazione in merito al suicidio di massa (vedi: Ben-Yehuda, Nachman. Sacrificing Truth: Archaeology and the Myth of Masada, Humanity Books, 2002).

Anzitutto perché non si capisce come possano essere scomparsi così 929 cadaveri, visto che ne sono stati trovati solo 28 ai piedi della salita alla fortezza e forse romani piuttosto che di ebrei (sepolti insieme a ossa di maiale), mentre sulla spianata sono stati rinvenuti solo tre corpi di una donna, un uomo e forse un bambino (ma potrebbe trattarsi anche di un altro adulto).

A livello di resti umani nient’altro, un po’ troppo poco anche se dovessimo ritenere che siano stati consumati dal fuoco appiccato dagli Zeloti stessi.

Inoltre mentre Giuseppe Flavio dice che volutamente i rivoltosi non appiccarono il fuoco alle provviste per mostrare che non era per questo che si erano uccisi, è stato trovato uno spesso strato di cenere anche nei magazzini.

Ci sono poi i 12 ostraka che secondo Yigael Yadin (l’archeologo che scavò Masada negli anni ’60), avrebbero potuto essere quelli di coloro che erano stati tirati a sorte per uccidere tutti gli altri, perché vi aveva riconosciuto il nome Ben Yair (in realtà per Giuseppe Flavio sarebbero stati 10); essi, però, non sono affatto diversi dagli altri 700 ritrovati nella fortezza e probabilmente servivano per il sistema di distribuzione dei viveri nei magazzini.

Altro elemento che ha lasciato perplessi gli storici riguarda il motivo per cui i Romani avrebbero atteso un’intera notte per entrare nella fortezza, una volta che essa era ormai espugnata, esponendosi al rischio di qualche nuova contromossa degli Zeloti.

In ogni caso, l’eroica resistenza di Masada resta una delle pagine di storia più commoventi e significative per il popolo ebraico e per chiunque ami la libertà, indipendentemente dal gesto estremo dei suoi ultimi difensori.

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Lasciata Masada, giungiamo nell’antichissima oasi di En Gedi dove si trovano le sorgenti di Davide, che formano pozze d’acqua e cascate, e dove, all’interno di un grande palmeto, si possono ammirare i piccoli stambecchi selvatici tipici della zona.

La nostra guida ci mostra un frutto caratteristico di queste parti: la mela di Sodoma, della grandezza di una piccola mela, verde, ma cava all’interno, dove si trovano dei filamenti bianchi velenosi.

La zona, ricca di grotte abitate fin dall’Età del Rame, raggiunse un notevole sviluppo a partire dal VII secolo a.C. quando fu messo a punto un ingegnoso sistema di irrigazione che permetteva di coltivare anche le viti.

Durante la seconda guerra giudaica (135 d. C.) il sito divenne un’importante base strategica.

Nelle grotte è stato trovato molto vasellame e estesi frammenti papiracei con passi dell’Antico Testamento, che hanno fatto ipotizzare un trasferimento degli Esseni di Qumran in questa zona dopo la distruzione del 68 d. C..

Intanto le famigliole di stambecchi continuano spostarsi sotto le palme, quasi per niente intimoriti dalla nostra presenza, comunicandoci un senso di dolcezza e allegria…

14 risposte a “R.R., il suo Israele, 9. Mai più Masada cadrà – La fortezza di Erode il Grande, simbolo della libertà del popolo ebreo – oppure?

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  2. Caro Mauro,
    mi sono resa conto, continuando a leggere dei documenti relativi a Masada, che mi era sfuggito un dettaglio importante:

    tra i papiri ritrovati nella zona della sinagoga è stato rinvenuto (in una stanza dietro l’Aaron ha-Kodesh, la nicchia dove si conservava la Torah) anche un frammento riferito alla profezia delle ossa aride di Ezechiele (37, 1-14) alla quale ho fatto riferimento nel mio diario di viaggio nella tappa successiva dedicata a Gerusalemme.

    Insieme ad esso è stato ritrovato anche un frammento riferito a Deuteronomio 33-34 con la benedizione pronunciata da Mosé prima di morire per tutte le tribù di Israele.

    Sembra cioè che gli zeloti che avevano ristrutturato la sinagoga inserendo i gradoni in muratura abbiano voluto lasciare il loro testamento spirituale in questa stanza.

    Diventa ancora più suggestivo il riferimento alle ossa aride che riprendono vita riferito al ritorno degli Ebrei in Palestina.

    Inoltre viene spontaneo collegare la profezia di Ezechiele con il discorso che Giuseppe Flavio attribuisce a Eleazar prima della morte: egli infatti si sofferma lungamente sul valore dell’anima, sulla sua immortalità e sulla sua supremazia rispetto al corpo

    “Tutto ciò che è toccato dall’anima vive e fiorisce, tutto ciò da cui essa si diparte avvizzisce e muore: così grande è la sua carica d’immortalità!”

    Non credo che questo collegamento sia casuale…

    • cara R. R.,

      la coincidenza è veramente sorprendente e suggestiva.

      sembra quasi di toccare con mano il momento in cui nel movimento degli zeloti, tragicamente sconfitto, prende vita l’idea cristiana della resurrezione dei morti: che era da intendere allora come una promessa reale, concreta, immediata, che doveva garantire l’assoluto disprezzo della morte.

      ancor prima che il suicidio/omicidio di massa venisse concretamente progettato, questa prospettiva aleggiava dunque già all’interno di quel movimento, come punto saliente della sua struttura ideologica.

      è una idea nuova: occorre farla sedimentare per un po’ di tempo prima di coglierne tutte le implicazioni.

      sai che cosa mi viene in mente? l’inizio dei Detti di Jeshu di Giuda il Gemello: “Chi ascolterà queste parole, non gusterà la morte”…

      insomma, avevamo a che fare con una specie di fede militante nell’immortalità?

  3. Sicuramente tutto il discorso di Eleazar riportato da Giuseppe Flavio, se lo consideriamo attendibile, fa riferimento per buona parte all’immortalità dell’anima, con considerazioni piuttosto approfondite. Il problema è che non si sa fino a che punto questo discorso rispecchi le idee degli Zeloti. Sicuramente ha molto a che fare con le idee degli Esseni, anche se più approfondisco determinate tematiche più comincio a pensare che probabilmente si tratta di ipotizzare una situazione in cui esisteva tra gli indipendentisti un braccio politico armato rappresentato dagli Zeloti e uno religioso di persone che studiavano e pregavano rappresentato dagli Esseni che in qualche modo li affiancavano. Questo spiegherebbe perché siano stati perseguitati entrambi i gruppi durante la guerra giudaica. Tra l’altro anche oggi c’è questa distinzione nella società israeliana tra coloro che combattano e quelli che pregano e studiano, come abbiamo visto. In questo modo si spiegherebbe anche perché le comunità di Esseni non fossero chiuse, ma convivessero con altri dai costumi decisamente laici. Perché da Giuseppe Flavio sembra di capire che fossero gli Esseni coloro che avevano elaborato una nuova forma di teologia. Di essa si trovano molti riferimenti anche nei Detti segreti di Jeshu in più punti: sia per il discorso delle tenebre e della luce sia per il prevalere della conversione sull’applicazione pura e semplice dei precettii, con il continuo riferimento al “saper vedere”. Poi c’è anche la tematica dei prescelti che era tipica di questo gruppo religioso. Inoltre c’è il riferimento al fatto che Jeshu non era “uno spartitore”, perché probabilmente nel suo gruppo i beni erano in comune. Quello che voglio dire è che non credo che si sia creata una sovrastruttura religiosa successiva a quella politica, credo invece che fin dall’inizio ci fosse una forte componente mistica in questo gruppo che si è creato intorno a Jeshu e non mi pare che sia stato “essenizzato” da zero. Era già molto influenzato da questo gruppo per conto suo anche se teniamo conto solo dei “Detti segreti”

    • eheh, il dibattito via blog decolla (a non tener conto delle incursioni nel reale, per giunta!).

      il discorso che Giuseppe Flavio mette in bocca ad Eleazar evidentemente è solo indirettamente attendibile dal punto di vista storico, dato che nessuno di quelli che lo ascoltò sopravvisse: è solo una ricostruzione letteraria, però come tale è da studiare in relazione alla ricostruzione dell’ideologia degli zeloti che l’autore fa in altri passaggi delle sue opere.

      a me pare chiaro, oggi, che Giuseppe Flavio non è zelota e non ha simpatia per loro (in passato non avevo le idee così chiare su questo punto): la guerra giudaica non fu la guerra degli zeloti contro i romani, ma la guerra di TUTTI GLI EBREI contro i romani, e fu contemporaneamente guerra civile fra gli ebrei (un po’ come la guerra di Spagna, per avere un esempio storico più recente), come accade in tutte le lotte perse in partenza.

      quindi niente di strano se la condussero assieme esseni e zeloti, oltre che farisei forse e comunque esponenti anche dell’establishment ebraico di allora, come Eleazar ben Anania.

      non credo che gli Esseni fossero il braccio ideologico degli zeloti; Giuseppe Flavio dice che l’ideologia religiosa di base degli zeloti era farisaica, non essena; potrebbe mentire? e perchè?

      con tutto questo: “guai a voi, scribi e farisei!”: sappiamo chi fossero i farisei, ma chi altro sono “gli scribi”, scusa, se non gli esseni?

      esseno era Saul, il Piccoletto (Paulus) finché perseguitò i “cristiani”, cioè gli zeloti, sulla via di Damasco (che era il nome in codice per Qumran o dove diavolo fosse la comunità essena vivina al Mar Morto); poi decise di perseguire i suoi scopi infiltrandosi nel movimento e condizionandolo dall’interno…

      la cosa più stimolante del tuo commento è il riferimento ai Detti di Giuda il Gemello (segreti? nel primo papiro del 125 circa che li riporta, in greco, in un frammento che dimostra che in origine erano strutturati diversamente, la parola “segreti” manca, ma solo perchè c’è una lacuna in quel punto, ma questo lascia la questione aperta…).

      commentai qualche anno fa i primi detti, senza un quadro chiaro ancora del contesto, e dunque passando sopra alla possibile identificazione Giuda – Theutas, e anche al possibile valore rivoluzionario e combattente di quei detti.

      dovrei avere il tempo che ora non ho per uno studio più approfondito da questo punto di vista; però sono sicuro oggi che darebbe dei buoni risultati l’intreccio fra i Detti e quel che Giuseppe Flavio dice dell’ideologia degli zeloti (lasciando per ora gli esseni sullo sfondo).

      vorrei anche dire che ritengo possibile che una parte dei manoscritti di Qumran vengano dal tempio, dopo la sua distruzione da parte dei romani, che li abbiano salvati gli esseni assieme ad altro tipo di materiali, e che non siano esseni.

      la tesi di Jeshu esseno è di Ratzinger, ma non per antipatia per Ratzinger (o non solo per antipatia per Ratzinger) credo che sia completamente sbagliata…

      ma ho già ragionato di questo qui: https://bortocal.wordpress.com/2011/03/03/8376/

      mi mandi il nome di quello studioso di cui mi parlavi oggi e che è arrivato per suo conto a molte delle mie tesi (che a loro volta dipendono dall’ampio dibatitto non accademico in corso sul tema (in Italia soprattutto Donini e, per quel a sprazzi vale, Cascioli; all’estero Baigent), e dunque abbiamo probabilmente fonti comuni? grazie.

  4. Emilio Salsi GIOVANNI IL NAZIREO DETTO “GESÙ CRISTO” E I SUOI FRATELLI
    Qui espone alcune teorie simili alle tue http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=8
    sul fatto che Jeshu sarebbe stato un capo zelota figlio di Giuda il Galieo (tra l’altro dice anche cose analoghe su Maria di Cleofa)
    e qui http://www.vangeliestoria.eu/per_approfondire.asp
    espone un’idea simile alla tua sulla costruzione a posteriori da parte degli Esseni di un Messia non riconosciuto dal popolo, depurandolo dagli aspetti cruenti e mostrando la sua fine come un sacrificio voluto da Dio.
    In altre parole mi pare che anche Salsi arrivi alla conclusione che il termine cristiano alle origini stia a rappresentare i messianisti zeloti.

    Dal canto mio continuo a pensare che comunque Gesù fosse portatore fin dall’inizio di una dottrina mistico-religiosa ben evidente anche dai suoi detti più antichi e che, al di là dell’aspetto politico, a questo fosse dovuto il suo ascendente sul popolo. Se fosse stato uno dei tanti che erano stati sconfitti dai Romani lo avrebbero dimenticato o semplicemente ricordato come un eroe. Il fatto è che Gesù si presenta come il Messia, anche per via dinastica (come scrive anche Matteo), portatore, però, di un messaggio teologico molto elaborato e nuovo rispetto all’Antico Testamento. Per questo a me sembra che abbia avuto contatti con gli Esseni perché erano gli unici ad aver elaborato qualcosa di simile (non sapevo neanche che lo avesse detto Ratzinger). Del resto perché altrimenti anche nei Detti di Jeshu troviamo: “Da Adamo a Giovanni il Battista, fra quanti nacquero da donna nessuno è tanto più grande di Giovanni il Battista da non dover abbassare lo sguardo. Ma vi dico che chiunque fra voi diventerà un bambino e riconoscerà il regno diventerà più grande di Giovanni.” Questa frase, da un lato chiarisce l’influenza di Giovanni e di ciò che Gesù aveva imparato nel deserto, dall’altra, però, mette in evidenza il fatto che Gesù ha creato poi un suo pensiero originale, comportandosi in modo diverso dagli Esseni riguardo all’osservanza della Legge, per esempio riguardo i contatti con i “peccatori”, nei confronti delle donne e nell’osservanza del Sabato. “Chiunque di voi diventerà un bambino e riconoscerà il regno” fa capire che la frase non può essere ricondotta al solo livello politico perché in tutta la raccolta dei Detti il bambino è colui che “sa vedere” le cose nella loro purezza e verità, quindi il regno ha anche molto a che vedere con un aspetto di conversione e consapevolezza, considerarlo soltanto a livello politico è molto riduttivo.

    • grazie della segnalazione di Salsi, che mi pare riprenda approfondendo qua e là i temi di Cascioli e con una certa grossolanità di metodo che a volte è poco minore.

      la contraddizione di molti studiosi della questione è quella di considerare semileggendari (come sono) i testi neotestamentari, ma poi di volere ricostruire la verità storica a partire da questi, finendo in un campo dei miracoli delle mille contraddizioni dove la fantasia non trova più limite alcuno.

      sono le sabbie mobili dove affondano le costruzioni spericolate.

      cerco di tenermi lontano da questo pericolo con la premessa di metodo che sta all’inizio del post; poi vi sono coincidenze di risultati a volte; e comunque Salsi porta anche alcune osservazioni originali ed acute…

      su quel che dici tu sulla figura specifica di Jeshu concordo con te: non si lasciò rinchiudere nel ruolo di “messia” politico, fu certamente portatore di una visione originale, indigesta anche per i suoi: il “vangelo di Tommaso” è a mio parere prezioso, perché, anche se non privo di rielaborazioni tardi, anche pesanti, come dimostra il confronto con i papiri del 125 circa che lo testimoniano per primi, rappresenta comunque il testo più antico, che ci riporta a questo messaggio.

      che Jeshu sia stato alla fine abbandonato dai suoi traspare anche dalle fonti evangeliche e, se ho ragione, ciò fu determinato alla fine e drammaticamente proprio dal rifiuto di lapidare l’adultera, nella prova a cui i farisei lo sottopongono a Gerusalemme, lui che era figlio di una specie di adulterio e che non poteva farlo, perché sarebbe stato come lapidare sua madre.

      un rapporto di conoscenza con gli esseni è direi ovvio, se non fosse documentato nelle stesse narrazioni evangeliche: gli esseni sono raffigurati nel tema del “deserto”.

      bene, ricordiamo i 40 giorni trascorsi da Jeshu nel deserto (a Qumran? o in qualche altro luogo più adatto lì vicino?) e come proprio lì gli appare il diavolo che lo tenta: quella a mio parere è proprio la narrazione metaforica del suo rifiuto dell’essenismo.

      e la frase del vangelo di Tomaso che dici tu va nella stessa direzione: Jeshu si è accostato all’essenismo (anche tramite Giovanni Battista?), ma lo ha rifiutato come una tentazione diabolica…

      ecco lo spunto per un altro post… 🙂

  5. molto molto interessante, vorrei, se e possibile qualche notizia piu’dettagliata su la raffigurazione del mosaico che rappresenta il fiore della vita ….e’ bizantino ebraico romano? e’ un simbolo che mi insegue in tutte le ricerche storiche

    • grazie del commento, e ancor più degli accenni, che spero potranno essere sviluppati in una risposta.

      ricordavo molto bene di avere avuto con R.R., l’autrice degli 11 post su un viaggio in Israele (la serie è rimasta inconclusa) una discussione proprio su quel simbolo, ma poi non l’ho ritrovata nel blog; ho trovato solo la promessa a riprenderla in un post, che poi non ho mai scritto.

      quindi la discussione è rimasta solo a livello di mail dalle quali mi spingi a riprenderla (e questo commento è quasi l’abbozzo del post che avevo in testa quest’estate…):

      21 agosto 2012 14:58, R.R.
      Caro Mauro,
      mi sono dimanticata di mandarti la foto delle monete coniate dagli Zeloti se ti interessa…

      21/08/2012 16.17 bortocal
      bene, ho inserito subito nel post la foto che è interessantissima: su un lato ha un calice, evidentemente di vino, e sull’altro lato, se non interpreto male, un grosso mazzo di grano: il pane e il vino dell’eucarestia.
      se è così, questa semplice moneta è un ulteriore fortissimo indizio della tesi che cercherò di sostenere nel prossimo post: l’assoluta identità, al tempo della rivolta ebraica del 66-70, di ebraismo e cristianesimo, che si separarono soltanto dopo.
      il capo della rivolta ebraica è infatti Eleazar figlio di Jair, cioè Lazzaro, il discepolo prediletto di Jeshu (era lui, non Giovanni!), il grande censurato dei vangeli sinottici, presente solo nel vangelo riconosciuto di origine più antica, quello oggi detto secondo Giovanni, perché rielaborato da Giovanni il Presbitero a Efeso alla fine del primo secolo, e il re incoronato, Menahim, definito da Giseppe Flavio “figlio” di Giuda il Galileo (ma è probabilmente un errore di trascrizione dei copisti, e il termine originario era “nipote”) era il figlio postumo di Jeshu e di Maria di Magdala. (…)
      ma occorrerebbe avere anche una traduzione delle scritte in ebraico su quella moneta: vi è stata data?
      Papia dà una testimonianza preziosa del millenarismo utopico di Jeshu e del regno di Dio descritto come regno dell’infinita abbondanza: la simbologia della moneta rinvia anche a questa testimonianza.
      ciao.

      precisazione: Papia cita una frase di Jeshu sui grappoli d’uva come simbolo di questa abbondanza nel regno di Dio.

      22 agosto 2012 15:58, R.R.
      Caro Mauro,
      la traduzione della scritta nella moneta è: “Anno quarto dalla redenzione di Sion”.
      Io ho la versione inglese che usa il termine “redemption” non so quale sia la parola ebraica.
      Vai a vedere questo articolo perché sembra interessante http://www.yahweh.org/publications/sjc/sj29Chap.pdf e a leggere queste descrizioni: http://www.wildwinds.com/coins/greece/judaea/i.html
      credo che però, appunto, come viene spiegato in questa pagina (vai a Hendin 670) l’immagine che si vede nel verso sia un lulav cioè un cespo con virgulto di palma affiancato da due cedri http://www.ahbjewishcenter.org/lulav_symbolism.htm
      Immaginavo che vedendo la moneta avresti subito fatto il parallelo con l’eucarestia, però, teniamo conto che il rituale comunitario con pane e vino con significato religioso è più antico del cristianesimo, la usavano anche gli Esseni e la usano ancora oggi gli ebrei in occasioni di festa e per ringraziare delle primizie della terra.
      All’entrata a Gerusalemme la nostra guida ci ha fatto bere il vino e spezzare il pane davanti alle mura della città con una formula di benedizione che usano gli ebrei, come poi sentirai nel video che sto preparando.
      Ho notato anch’io che Giuseppe Flavio parla di questo Eleazar figlio di Giairo (Ben Yair) che fugge da Gerusalemme e si rifugia a Masada dopo che l’altro Eleazar figlio di Anania aveva fatto detronizzare e uccidere Menahem.
      Questo Eleazar, se fosse stato davvero quello ricordato dai Vangeli canonici, nel 70 d.C. avrà avuto una sessantina d’anni… potrebbe anche essere…

      bortocal 22/08/2012 23.35
      cara R. R.,
      il primo articolo è molto interessante (per quel che ho potuto capire col mio inglese piuttosto vago), ma adesso ho un po’ di confusione in testa, perché data la moneta alla seconda rivolta ebraica, quella di Bar Kochba.
      l’analisi iconografica delle monete è, vedo, un campo sconfinato: non mi ci metto neppure, fra tutte le monete ne ho vista però almeno una che porta da un lato almeno la coppa e dall’altro inequivocabilmente delle spighe di grano.
      simboli certamente ebraici, in ogni caso, non ancora cristiani, sono d’accordo con te: il cristianesimo infatti non era ancora nato come religione distinta…
      vedo che hai beccato un mio grave errore: non mi ero accorto che i due “Lazzari” fossero diversi, magari riesci a darmi anche i due punti di Giuseppe Flavio?
      http://books.google.it/books?id=Jw1fh29I_YoC&pg=PA149&lpg=PA149&dq=Eleazar+figlio+di+Anania&source=bl&ots=gX6s0eufYO&sig=LkC2VczusOAKx-0RPuNm3621wpM&hl=it#v=onep
      p. 149
      sul fatto che questo secondo “Lazzaro” fosse proprio quello del vangelo, “il discepolo che Jeshu amava”, quello che tiene la testa sul suo petto nella cena che precede la cattura, ti do un ulteriore significativo indizio.
      questo Lazzaro, ripeto, è censurato dai vangeli sinottici (ricorda che secondo me questi vengono DOPO il nucleo antico riconoscibile del cosiddetto Vangelo secondo Giovanni).
      ne parlava però una più antica versione del vangelo secondo Marco scoperta negli anni Settanta nella citazione di una lettera, dove si raccontava che dopo la “resurrezione” di Lazzaro, Ieshu e Lazzaro avessero passato la notte “nudo con nudo” per probabili riti di iniziazione.
      quindi anche l’Ur-Marcus parlava di Lazzaro; e se ne trova un indizio strano nel punto in cui Marco parla, unico dei vangeli, della resurrezione operata da Jeshu della FIGLIA di Jair.
      ora il Lazzaro della rivolta era figlio di Jair; quanto alla “figlia” di Jair dovrebbe trattarsi dell’ultima eco distorta della “resurrezione” del FIGLIO di Jair.
      da wikipedia:http://it.wikipedia.org/wiki/Jochanan_Ben_Zakkai
      “E’ invece interessante il nome di uno dei discepoli di Yochanan ben Zakkai, Eliezer ben Hyrcanus.
      Eliezer è una variante di Eleazar.
      Dalla “Guerra Giudaica” di Flavio Giuseppe (Yosef ben Mattàt) apprendiamo che nello stesso periodo di Eliezer, ossia durante la Prima Rivolta Giudaica visse Eleazar Ben Yair (Lazzaro figlio di Giàiro, identificato da Luigi Cascioli ne “La Favola di Cristo” con l’evangelico Lazzaro di Betania).
      Da Flavio Giuseppe sappiamo che Eleazar ben Jair discendeva da Giuda di Gamala (noto anche come Giuda di Galilea o Giuda il Galileo).
      Giuda era figlio di Ezechia che era figlio dell’asmoneo Ircano II [9].
      La madre di Lazzaro di Betania, Eucaria [10], discendente degli Asmonei.
      Ircano pertanto era un nome di famiglia per Eleazar ben Jair (la cui identificazione con Lazzaro di Betania pare quanto meno plausibile, considerando la comune discendenza asmonea).
      Per quanto riguarda l’omonimo Eliezer discepolo di Yochanan ben Zakkai, ricordiamo che viene chiamato ben Hyrcanus, cioè “figlio di Ircano”, anche se spesso il termine “ben” va tradotto come “discendente di”.
      In ogni caso, se accettiamo che Eliezer e Eleazar possano essere la stessa persona, Ircano, padre di Eliezer/Eleazar, si
      sarebbe chiamato anche Jair/Giàiro?
      No, perché Jair era un titolo sacerdotale attribuito ai discendenti del mitico Ira lo Iairita.
      Questa identificazione pertanto ci sembra la più plausibile tra quelle proposte”.

      quanto alla totale censura che colpisce Lazzaro dopo la fine della guerra ebraica e alla sua cancellazione dalle testimonianze
      evangeliche questa si spiega da sé.
      come vedi faccio bene a pensarci bene prima di pubblicare alcunché… 😉
      grazie della collaborazione ovviamente.

      Libro II cap. 17
      435 Non disponevano però di macchine, e scalzare il muro all’aperto non era possibile perché venivano colpiti dall’alto; allora scavarono da lontano una galleria fin sotto una delle torri che rimase poggiata su un’armatura di legno, poi diedero fuoco a questa e fuggirono.
      436 Bruciatisi i puntelli, la torre all’improvviso rovinò, ma all’interno apparve un altro muro che intanto era stato
      innalzato; infatti gli assediati, avendo indovinato lo stratagemma, o ofrse anche sentendo che la torre si muoveva per i lavori di scavo, si erano muniti di un secondo baluardo.
      437 Questa vista improvvisa provocò negli attaccanti un grande abbattimento, anche perché credevano di avere ormai la vittoria in pugno; contemporaneamente quelli di dentro mandarono a chiedere a Menahem e ai capi della rivolta di poter uscire sotto determinate condizioni, ed essendo stata accordata tale concessione ai soli soldati regi e ai paesani, costoro uscirono.
      438 I romani, rimasti soli, furono presi dallo scoraggiamento; infatti non potevano aver ragione di una moltitudine così numerosa, e poi consideravano vergognoso lo scendere a patti, oltre a non fidarsi di eventuali concessioni.
      439 Allora essi abbandonarono il loro campo, che non era più difendibile, e si rifugiarono nelle torri regie, che si chiamavano Ippico, Fasael e Mariamme.
      440 Gli uomini di Menahem fecero irruzione nei luoghi che i romani stavano evacuando, presero e uccisero quanti non fecero in tempo a fuggire e, impadronitisi dei materiali, incendiarono l’accampamento. Ciò avvenne il sei del mese di Gorpieo.
      441 – 17, 9. Il giorno dopo fu scoperto il sommo sacerdote Anania che si nascondeva presso il canale della reggia, e insieme col fratello Ezechia fu ucciso dai briganti; intanto i rivoluzionari stringevano d’assedio le torri badando che nessun soldato
      >>>prendesse la fuga.
      442 La distruzione delle opere fortificate e la morte del sommo sacerdote Anania avevano esaltato Menahem fino alla ferocia, ed egli, ritenendo di non aver rivali come capo, si comportava da tiranno insopportabile.
      443 Ma contro di lui si levarono i partigiani di Eleazar, ripetendosi l’un l’altro che non era il caso di ribellarsi ai romani spinti dal desiderio di libertà per poi sacrificarla a un boia paesano, e sopportare un padrone che, se anche non avesse fatto nulla di male, era pur sempre inferiore a loro; e ammesso pure che ci dovesse essere uno a capo del governo, questo compito spettava a chiunque altro più che a lui; così si misero d’accordo e lo assalirono nel tempio;
      444 vi si era infatti recato a pregare in gran pompa, ornato della veste regia e avendo i suoi più fanatici seguaci come guardia del corpo.
      445 Come gli uomini di Eleazar si furono scagliati su di lui, anche il resto del popolo tutto infuriato afferrò delle pietre e si diede a colpire il dottore, ritenendo che, levatolo di mezzo, sarebbe interamente cessata la rivolta;
      446 gli uomini di Menahem fecero per un po’ resistenza, ma quando videro che tutta la folla era contro di loro, fuggirono dove ognuno poté, e allora seguì una strage di quelli che venivano presi e una caccia a quelli che si nascondevano.
      447 Pochi trovarono scampo rifugiandosi nascostamente a Masada, e fra questi Eleazar figlio di Giairo, legato a Menahem da vincoli di parentela, che in seguito fu il capo della resistenza di Masada.
      448 Quanto a Menahem, che era scappato nel quartiere detto Ofel e vi si era vigliaccamente nascosto, fu preso, tirato fuori e dopo molti supplizi ucciso, e così pure i suoi luogotenenti e Absalom, il principale ministro della sua tirannide.
      449 – 17, 10. Il popolo, come ho detto, collaborò a quest’azione sperando in una risoluzione della crisi, mentre quelli avevano tolto di mezzo Menahem non per mettere fine alla guerra, ma per poterla condurre con maggior libertà di movimenti.
      450 E nonostante il popolo insistesse presso gli armati perché abbandonassero l’assedio, quelli lo continuarono con più ardore fino a che gli uomini di Metilio, il comandante dei romani, non potendo più resistere, chiesero ai partigiani di Eleazar di aver salva la vita impegnandosi a dare in cambio le armi e tutto ciò che avevano.
      451 Quelli, approfittando anche di una tale richiesta, inviarono da loro per stringere l’accordo Gorion figlio di Nicomede, Anania figlio di Sadoc e Giuda figlio di Gionata. Giurati i patti, Metilio fece uscire i soldati.
      452 Fino a che quelli rimasero armati, nessuno dei rivoluzionari osò toccarli né svelò l’insidia; ma quando, secondo gli
      accordi, tutti ebbero lasciato gli scudi e le spade, e senza alcun sospetto si ritiravano,
      453 allora i partigiani di Eleazar si gettarono su di loro, li circondarono e li massacrarono mentre quelli,senza levare né un dito, né una supplica, si limitavano a invocare ad alte grida i patti e i giuramenti.
      454 Così perirono barbaramente uccisi tutti tranne Metilio, che fu l’unico ad esser risparmiato perché li aveva supplicati e aveva promesso di farsi giudeo fino a lasciarsi circoncidere. Per i romani lo smacco fu di breve entità, poiché di un esercito innumerevole avevano perduto solo pochi uomini; ma ai giudei l’episodio apparve come il preludio alla loro catastrofe.
      455 Ed essi, vedendo che ormai le cause della guerra erano inevitabili e la città contaminata da tale contagio, che era naturale aspettarsene un castigo divino, anche se si sfuggiva alla vendetta dei romani, piombarono in un pubblico lutto e tutta la città fu piena di costernazione, e ognuno dei moderati era sbigottito al pensiero che avrebbe dovuto scontar lui le colpe dei ribelli.
      456 L’eccidio infatti era stato consumato di sabato, giorno in cui per ragioni di culto i giudei si astengono dal compiere anche le azioni più innocenti.

      R.R. 24 agosto 2012 00:08
      Caro Mauro,
      i passi da Giuseppe Flavio con l’identificazione di Eleazar figlio di Anania sono citati qui sotto.
      Nel verso della moneta che ti ho mandanto c’è sicuramente un lulav, cioè un cespo di mirto palma e altre piante sacre con due cedri ai lati (vedi allegato)

      Libro II:408 – 17, 2. Allora alcuni dei rivoluzionari più attivi, per provocare lo scoppio della guerra, si radunarono e piombarono sulla fortezza di Masada, e avendola presa con uno stratagemma uccisero la guarnigione romana e la sostituirono con una loro.
      409 Contemporaneamente nel tempio di Gerusalemme avvenne che Eleazar, figlio del sommo sacerdote Anania, un giovane assai facinoroso che allora aveva l’ufficio di capitano, persuase gli addetti alle cerimonie di culto a non accettare un dono o un sacrificio da parte di uno straniero. Questo però significava dare l’avvio alla guerra contro i romani, poiché così essi provocavano l’abolizione del sacrificio celebrato in favore dei romani e di Cesare.
      410 E, sebbene i sommi sacerdoti e i maggiorenti esortassero a non tralasciare il consueto rito per i dominatori, quelli non cedettero sia perché confidavano molto nel loro numero, essendo appoggiati dai più attivi dei rivoluzionari, sia specialmente perché pendevano dalle labbra di Eleazar.
      411 – 17, 3. I maggiorenti e i sommi sacerdoti si riunirono con i notabili dei Farisei per discutere sulla situazione politica generale, che si presentava ormai di un’estrema pericolosità; e avendo deliberato di tentare un’azione di recupero verso i rivoluzionari raccolsero il popolo dinanzi alla porta di bronzo, che si apriva nel tempio interno rivolta ad oriente.
      412 E dopo averli anzitutto rimproverati a lungo per la temeraria intenzione di ribellarsi e di attirare sulla patria una guerra tanto rovinosa, mostrarono l’assurdità del pretesto cui s’erano appigliati ricordando che i loro antenati avevano adornato il tempio per buona parte con le offerte degli stranieri, accettando sempre i doni delle nazioni estere,
      413 e non soltanto non avevano mai impedito che si celebrassero sacrifici per chiunque, il che sarebbe stato il colmo dell’empietà, ma avevano anche collocato intorno al tempio i doni votivi, che ancora si potevano vedere essendo ivi rimasti per tanto tempo.
      414 Ora essi, volendo provocare le armi dei romani e attirarsi da quelli una guerra, introducevano nel culto una regola inaudita, e oltre che al pericolo esponevano la città all’accusa di empietà dal momento che soltanto presso i giudei uno straniero non avrebbe più potuto né offrire sacrifici, né compiere atti di adorazione.
      415 Se alcuno avesse voluto introdurre una simile restrizione a carico di un qualunque privato, loro certo se ne sarebbero sdegnati come di un atto inumano, mentre poi non si preoccupavano di veder messi al bando i romani e Cesare.
      416 Era perciò da temere che, avendo aboliti i sacrifici per costoro, venissero impediti dal compiere i sacrifici anche per loro stessi, e che la città fosse messa al bando dell’impero, se non si affrettavano a rinsavire restaurando i sacrifici e riparando il torto prima che agli offesi ne arrivasse la notizia.
      417 – 17, 4. Durante questo discorso essi fecero intervenire i sacerdoti esperti dei riti tradizionali, i quali dichiararono che gli antenati usavano accettare i sacrifici da parte degli stranieri. Ma nessuno dei rivoluzionari si lasciò convincere, e nemmeno i ministri di culto si dichiararono d’accordo, creando così l’occasione per la guerra.
      418 I maggiorenti, vedendo che ormai non potevano più soffocare la ribellione e che loro sarebbero poi stati i primi a subirne le pericolose conseguenze da parte dei romani, si preoccuparono di declinare la loro responsabilità e mandarono ambasciatori sia a Floro, capeggiati da Simone figlio di Anania, sia ad Agrippa, tra cui primeggiavano Saul, Antipa e Costobar, legati al re da vincoli di parentela.
      419 Ad entrambi rivolsero un pressante appello perché venissero in città con forze militari e mettessero fine alla ribellione prima che esplodesse irrefrenabile.
      420 Per Floro si trattò di una splendida notizia, ed essendo intenzionato a far scoppiare la guerra lasciò gli ambasciatori senza risposta;
      421 Agrippa, invece, che si preoccupava ugualmente dei ribelli e di coloro contro cui si preparava la guerra, che voleva conservare ai romani la fedeltà dei giudei e ai giudei il tempio e la città, che ben sapeva come nemmeno lui avrebbe avuto nulla da guadagnare dai disordini, mandò in aiuto del popolo duemila cavalieri dell’Alluranitide, della Batanea e della Traconitide agli ordini di Dario, quale comandante della cavalleria, e di Filippo figlio di Iacimo, quale comandante in capo.
      422 – 17, 5. Incoraggiati dal loro arrivo i maggiorenti, con i sommi sacerdoti e tutta quella parte del
      popolo che voleva la pace, occuparono la parte alta della città; i rivoluzionari occupavano invece la parte bassa e il tempio.
      423 Erano incessantemente in azione con pietre e fionde, e fra le due zone era un continuo lancio di proiettili; più d’una volta uscirono ad affrontarsi in gruppi e si verificarono degli scontri nei quali i rivoluzionari risultavano superiori per l’audacia e i soldati regi per l’addestramento.
      424 Costoro si prefiggevano soprattutto d’impadronirsi del tempio e di scacciarne i profanatori del santuario, mentre i rivoluzionari di Eleazar si battevano per aggiungere anche la città alta alla zona che già controllavano. Per sette giorni vi fu grande strage da ambedue le parti, senza che nessuna abbandonasse la zona che occupava.
      425 – 17, 6. Il giorno dopo ricorreva la festa delle Xiloforie, nella quale secondo il rito ognuno portava legna all’altare, sì che non mancasse mai alimento al fuoco che deve rimanere sempre acceso. Quelli che occupavano il tempio impedirono ai loro avversari di compiere il rito, e invece accolsero nelle loro file molti dei sicari infiltratisi fra il popolino – sicari venivano chiamati dei briganti che portavano pugnali nascosti nel seno, – e così poterono lanciare con più audacia i loro attacchi.
      426 I soldati regi, inferiori per numero e per ardimento, furono costretti a evacuare la città alta. Gli avversari vi si precipitarono e appiccarono l’incendio alla casa del sommo sacerdote Anania e alla reggia di Agrippa e Berenice; quindi portarono il fuoco agli archivi,
      427 allo scopo di distruggere i contratti di prestito e d’impedire la riscossione dei debiti, sì da cattivarsi la massa dei debitori e da mettere impunemente i poveri contro i ricchi. Essendo fuggiti gli addetti alla conservatoria degli atti, vi appiccarono l’incendio.
      428 Dopo aver così distrutto col fuoco i gangli vitali della città, mossero contro i nemici, e allora alcuni dei maggiorenti e dei sommi sacerdoti si nascosero calandosi nelle gallerie sotterranee,
      429 mentre altri insieme con i soldati regi si rifugiarono nel palazzo situato più in alto, affrettandosi a sbarrarne le porte; con questi ultimi erano il sommo sacerdote Anania, suo fratello Ezechia e quelli che erano andati come ambasciatori ad Agrippa. Per il momento i rivoluzionari, paghi della vittoria e degli incendi, si fermarono.
      430 – 17, 7. Ma il giorno dopo, era il quindici del mese di Loos, andarono all’assalto dell’Antonia e dopo due giorni di assedio presero e uccisero i soldati di guarnigione, quindi incendiarono la fortezza.
      431 Si riversarono poi contro il palazzo in cui s’erano rifugiati i regi, e ripartitisi in quattro gruppi, tentavano di abbatterne le mura. Nessuno di quelli che stavano dentro osava fare una sortita a causa del gran numero degli avversari, ma distribuitisi lungo i parapetti e le torri bersagliavano gli assalitori, e molti dei briganti caddero sotto le mura.
      432 La lotta non aveva tregua né di notte, né di giorno, poiché i rivoluzionari speravano che gli assediati si sarebbero arresi per mancanza di viveri e questi speravano di stancare gli assedianti.
      433 – 17, 8. Fu allora che un certo Menahem, figlio di Giuda detto il galileo, un dottore assai pericoloso che già ai tempi di Quirinio aveva rimproverato ai giudei di riconoscere la signoria dei romani quando già avevano Dio come Signore, messosi alla testa di alcuni fidi raggiunse Masada,
      434 dove aprì a forza l’arsenale del re Erode e, avendo armato oltre ai paesani altri briganti, fece di questi la sua guardia del corpo; quindi ritornò a Gerusalemme e, assunto il comando della ribellione, prese a dirigere l’assedio.

      Nel capitolo che hai citato tu, ma dal passo 408, si dice che Eleazar figlio di Anania si era ribellato contro i romani e teneva il Tempio, poi si dice che Menehem si impossessa di Masada, torna a Gerusalemme e dopo la morte del sommo sacerdote Anania, agisce in modo tirannico cosicché i partigiani di Eleazar si mossero contro di lui e i suoi seguaci che vennero sterminati; poi si dice che tra i pochi a salvarsi ci fu Eleazar di Giairo che era parente di Menahem (e si ritira a Masada): evidentemente l’Eleazar che stermina i seguaci di Menahem a Gerusalemme nel Tempio è il figlio del sommo sacerdote ucciso che aveva già in precedenza preso il controllo del Tempio.
      Ciao a presto!

      bortocal 26/08/2012 10.59
      cara R.R.,
      scusa il ritardo enorme, pian piano il lavoro riprende, ho dato la precedenza al blog sulle mail, ed ecco il risultato.
      i passi di Giuseppe Flavio che citi sono proprio quelli che ti avevo mandato io, non so in che condizioni siano arrivati; e non lasciano dubbi – ripeto – sulla correttezza di quel che dici; mi ero fidato di fonti indirette senza controllare, o forse avevo capito male, ma Menahem fu ucciso dall’Eleazar figlio di Anania, e non da quello figlio di Giair, suo parente.
      piuttosto occorre sottolineare che ben difficilmente Menahem poteva essere figlio di Giuda il Galileo, di Gamala, morto nel 6 d.C. in una precedente rivolta: mi pare sarebbe stato troppo anziano: è già stata fatta l’ipotesi di un banale errore del copista fra hyós, figlio, e hyiós, nipote, che consentirebbe di pensare che il padre di Menahèm fosse il figlio di Giuda il Galileo.
      rimane il problema che Giuda il Galileo non rivendicò mai il trono in quanto discendente di Davide, a quanto se ne sa.
      ora vi fu un solo altro pretendente al regno di Israele per ragioni dinastiche nella generazione intermedia fra quella di Giuda il Galileo e Menahem, e fu Jeshu.
      questo porterebbe a pensare che Menahem fosse il figlio di Jeshu, nato quindi nel 30 e in età di 36 anni al tempo dei fatti, età compatibile con i fatti raccontati.
      Eleazar di Jairo, il Lazzaro discepolo prediletto di Jeshu, viene peraltro definito “parente di Menahem”, e anche qui i conti tornano, in quanto era anche il cognato del padre, in quanto fratello della moglie Maria di Madgala.
      ma occorre anche dire che, secondo studi molto attendibili, la discendenza da Davide nel caso di Jeshu era per parte di madre: la centralità della figura di Maria nel cristianesimo nascente e persino le forme delle leggende sulla sua maternità diventano più comprensibili se si ammette che era lei la discendente di Davide.
      tutte queste restano ovviamente delle ipotesi (a parte l’identificazione dell’Èleazar della guerra giudaica col Lazzaro del
      vangelo secondo Giovanni, che mi pare molto plausibile): certo, come ipotesi fondano un quadro piuttosto coerente.
      questo Menahem rivendica il trono, dunque si definisce come discendente di Davide.
      resta solo da sottolineare che, quando Giuseppe Flavio dice di Giuda il Galileo che “aveva rimproverato ai giudei di riconoscere la signoria dei romani quando già avevano Dio come Signore”, sta usando delle espressioni chiave, e sono le stesse con le quali descrive i punti salienti della teoria degli zeloti.
      vengo, per concludere, al punto centrale sul piano del metodo: se vogliamo parlare dei fatti avvenuti a quei tempi storicamente, occorre rifarsi alle fonti storiche con i consueti strumenti e la solita critica dei testi, i testi sacri del cristianesimo servono poco e solo come fonti secondarie di fatti già accertati per altra via.
      i vangeli non sono fonti storiche; e il fatto che gli Atti degli apostoli e le Lettere di Paolo si occupino del periodo immediatamente precedente alla guerra ebraica senza il minimo riferimento al reale ambiente storico politico religioso del tempo dimostra da solo che sono delle ricostruzioni leggendarie molto lontane dai fatti.
      fare la storia prendendo questi documenti per documenti storici sarebbe come fare la storia con le favole di Perrault o dei fratelli Grimm, alcune delle quali hanno effettivamente come origine antichi fatti storici, ma stravolti e riconoscibili solo quando si siano accertati i fatti stessi per altra via.
      ciao…

    • Intendi dire il mosaico pavimentale che si trova negli edifici costruiti da Erode il Grande e di cui è pubblicata la foto qui? E’ dell’epoca in cui Erode il Grande fece costruire la reggia sulla fortezza tra il 31 e il 37 a.C. Opera di maestranze ellenistiche.

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