il mondo a rovescio della deflazione – 11.

Da alcuni mesi uno strano fenomeno attraversa eurolandia, e sono cioe` gli interessi negativi sulle somme variamente investite in forme di deposito, bancari o obbligazionari.

Gia` i privati avevano dovuto progressivamente abituarsi all’idea che tenere il denato in banca e` in realta` un costo, dato che gli interessi quasi soltanto simbolici delle somme depositate, tranne che non siano cospicue, non coprono neppure i costi di gestione dei conti correnti.

Ma ora il fenomeno si e` esteso e generalizzato e riguarda anche le banche che acquistano titoli di stato a breve oppure depositano il loro denaro presso la Banca Centrale Europea.

Il segnale infatti e` partito proprio da qui: da tempo la remunerazione per i depositi presso la Banca Centrale Europea e` negativa: le banche pagano per parcheggiare sui c/c di Francoforte ingenti somme di denaro.

Il fenomeno risulta da questa tabella (purtroppo poco visibile; meglio riscontrala sull’originale: http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/01/09/news/rendimenti_negativi_bond_1_200_miliardi-104585882/?ref=search

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I rendimenti sono negativi per i titoli ad un mese della Germania (linea azzurrina) e della Francia (linea verdina), gli unici che prevedono obbligazioni con questa scadenza; ma a tre mesi anche i rendimenti dei titoli di stato della Francia e dell’Italia sono minimi; i rendimenti restano negativi per i titoli di stato irlandesi (fuori grafico) fino a due anni, per quelli francesi fino a tre e per quelli tedeschi fino a 4 anni; i titoli tedeschi a 5 anni danno un rendimento pari a zero: cioe` soltanto prestando alla Germania denaro vincolato per 5 anni hai la garanzia che ti verra` restituito tutto alla scadenza; per un periodo inferiore te ne verra` restituito di meno.

Ad ottobre tutto il debito circolante emesso dai diversi paesi dell’area euro con rendimenti negativi raggiungeva i 500 miliardi, cioe` quasi un quinto del debito pubblico italiano; ma a dicembre il totale aveva raggiunto i 1.200 miliardi, un po` piu` della meta` del nostro debito pubblico, e circa un quarto del debito pubblico circolante dei paesi dell’area euro, secondo la fonte citata sopra.

A giorni anche la Banca Centrale Europea dovrebbe cominciare ad acquistare titoli di stato dei paesi membri, secondo la proposta del presidente Draghi, alla quale la Germania si e` vanamente opposta, finendo in minoranza; e, siccome l’orientamento e` quello di concentrare gli acquisti sui titoli piu` solidi, come quelli tedeschi, questo comportera` un ulteriore ribasso dei rendimenti di questi titoli per l’incremento della domanda.

L’intenzione, operando in questo modo, e` di spingere gli investitori verso i titoli meno appetibili, perche` giudicati piu` rischiosi, come ad esempio quelli italiani, che nelle valutazioni di mercato sono oggi arrivati ad un gradino soltanto sopra la valutazione carta straccia. 

Questo dovrebbe portare ad un aumento della domanda per questi titoli, e dunque ad una riduzione anche per loro degli interessi da pagare ai creditori.

Insomma, pare che la Banca Centrale Europea abbia escogitato un sistema efficace per venire in aiuto delle economie dell’area euro piu` in difficoltà`.

Ma pare che questo tema non entri nella feroce e abbastanza stupida discussione in corso nel nostro paese sull’opportunita` di restare nell’euro o di uscirne.

* * * 

Tuttavia a questo punto confesso comunque il mio sconcerto, per fatti che sembrano stravolgere la logica economica comune e mi domando come sia possibile e che significato abbia che gli investitori sono disposti a pagare pur di potere prestare denaro.

Che lo faccia un privato e` comprensibile: dopotutto tenere i soldi nel materasso o anche nella cassaforte di casa presenta qualche rischio; ma che cosa puo` spingere una banca a prestare denaro, ad esempio, a tre mesi, sapendo sin d’ora che alla fine dei tre mesi ne ricevera` in restituzione di meno?

Ammetto che una vera e propria risposta  non ce l’ho; l’unica cosa che mi viene in mente e` che questo comportamento potrebbe avere un senso se ci si aspetta uno scenario di deflazione, cioe` di aumento del valore della moneta; solo cosi` diventa ragionevole che io accetti la restituzione fra qualche tempo di una massa di denaro che avra` nominalmente un valore minore, ma che di fatto avra` un potere d`acquisto maggiore.

Eppure questo scenario, valido al momento per l’Italia, non sembra affatto lo scenario dominante nel resto dell’Europa; ma forse si prevede che lo sara` a breve?

Ripeto che non so rispondere; ma in attesa di approfondire il problema cercando ulteriori informazioni, lasciatemi esaminare almeno quel che sta succedendo in Italia, visto che qui la deflazione e` in atto. 

* * * 

Parto con una premessa che mi pare necessaria: il capitalismo dell’Ottocento funzionava a valori monetari sostanzialmente costanti: soltanto col Novecento l’inflazione, cioe` il costante aumento dei prezzi, e` diventata lo scenario normale dell’attivita` economica.

Inizialmente prodotta negli anni Venti dalla necessita` di fare fronte ai debiti di guerra togliendo valore reale a salari e pensioni, l’inflazione divenne lo scenario comune delle politiche economiche keynesiane degli anni Trenta, in cui gli stati stampavano cartamoneta per finanziare opere pubbliche ed investimenti di pubblica utilita` con le quali sostenere l’occupazione e la domanda, e ancor più nel dopoguerra.

In sostanza con Keynes lo stato impiegava le tasse e l’inflazione per far lavorare i disoccupati.

Superata la crisi dei dopoguerra l’inflazione e` divenuta il modo normale di funzionare del sistema economico mondiale: l’espansione dei consumi era ed e` tuttora il motore principale di un’attivita` economica che deve produrre profitti sempre maggiori, e il trionfo definitivo dell’economia inflattiva (almeno nella media distanza) si e` avuto con l’eliminazione decisa dal presidente americano Nixon del 1971 del gold standard, cioe` dell’ancoraggio del valore del dollaro all’oro, col diritto teorico di ogni possessore di dollari di farsene rimborsare il valore in oro.

Diritto che era diventato una mera  finzione, ovviamente.

Restava in ombra il fatto che un’economia dell’inflazione e` necessariamente un’economia del debito, che ipoteca il benessere delle generazioni future, in quanto consuma una ricchezza che non c’e` ancora, ma che si e` solamente sicuri che verra` prodotta: e la cosa ha un senso solamente se col debito si costruisce qualcosa che potrà risultare utile alle generazioni future; la presunta politica economica definita keynesiana al giorno d’oggi, con la quale si alimenta il debito per creare consumi, è semplicemente un delitto contro il futuro, non diverso nella sostanza dall’inquinamento, dall’effetto serra, dalla distruzione delle fonti di energia e altri materiali non rinnovabili: tutto ciò che caratterizza il moderno capitalismo globalizzato.

E sussiste fino a che sussiste la fiducia o la fede cieca che il futuro provvederà in qualche modo a ripianare questo debito.

Togliete questa sicurezza, fate in modo che ci si aspetti un futuro piu` cupo del presente e improvvisamente verra` allo scoperto la finzione inflazionistica che costruisce il successo economico del presente sul debito, cioe` sul futuro.

* * * 

Italia, Giappone, USA, Francia, ma anche in misura minore Germania e Inghilterra, sono state le terre del trionfo dell’economia capitalistica contemporanea che, per funzionare adeguatamente, ha sempre avuto bisogno che le fosse garantito un tasso minimo di inflazione, in altri termini di indebitamento: soltanto Cina e Russia si sono scostate da questo comportamento, aumentando, in particolare la prima, le loro riserve quasi quanto i primi paesi aumentavano il loro debito, almeno verso l’esterno. 

Addirittura la stessa Unione Europea, pur nata per mantenere l’inflazione entro il limite del 2% annuo, vede la propria economia funzionare con difficoltà` se questo limite che non dovrebbe essere superato non viene pero` raggiunto.  

D’altra parte diventa rischiosa l’inflazione se diventa esplosiva e, nonostante siano molto migliorati i meccanismi per tenerla sotto controllo, esperienze storiche anche molto recenti ripongono come sempre possibile il quadro drammatico di un’economia che implode e si auto-distrugge azzerando ogni deposito monetario di ricchezza. 

*  *  * 

Ma se il futuro non risponde, se il futuro si rifiuta di dare garanzie sulle coperture del debito del presente, improvvisamente il peso del debito appare insostenibile e in un primo momento i creditori, che si muovono ancora nella logica inflazionistica, aumentano le loro richieste per concedere i finanziamenti necessari alla sostenibilità` del debito futuro che diventa anche sostenibilità` degli interessi sul debito passato. 

Ma poi, se questo scenario pessimista nel futuro si radicalizza e stabilizza, nei momenti storici in cui la fiducia nel futuro si indebolisce in via definitiva e la spinta all’attivita` economica decade, lo scenario economico complessivo cambia ed avviene  un fenomeno strano e altrettanto distruttivo dell’inflazione fuori controllo, ed e` la deflazione, un modo di funzionare dell’economia del quale abbiamo perfino perso memoria. 

La deflazione e` l’aspetto monetario di un mondo al declino; chi ha scritto Il declino dell’Occidente ha dimenticato di aggiungere che questo declino economicamente si chiama deflazione. 

* * *

E che succede se il debito accumulato supera la dimensione stessa di quanto un paese e` in grado di produrre in un anno (come avviene in Giappone o in Italia) e comincia ad apparire non piu` restituibile in nessuna forma? 

Nella zona europea al momento soltanto l’Italia e` in deflazione e lo e` da anni il, Giappone: questo significa che la domanda e` cosi` bassa, per la diffusione della disoccupazione, che i prezzi calano e il valore della moneta tende dunque a rivalutarsi col tempo. 

In questo scenario si continua a prestare denaro allo stato non piu` per ricavarne un guadagno, ma per impedire che quello stato stesso crolli e non perdere tutto quello che gli si e` prestato gia`.

Quanto piu` aumenta l’allarme su un default possibile di un grande stato tanto piu` alcuni grandi investitori fanno affluire le loro risorse per impedirlo e continuare a riscuotere i lucrosi interessi dei prestiti gia` fatti: paradossalmente e` la grandezza del debito che diventa una risorsa, perche` non esistono soltanto banche troppo grandi perche` lo stato possa lasciarle fallire, esistono anche stati troppo grandi perche` le banche possano lasciare fallire loro.

* * *

Come previsto da tutti gli osservatori seri l’idea di Renzi di dare 80 euro al mese a chi lavora gia`  nella fascia medio-bassa delle retribuzioni e` stata una genialata soltanto come esempio di voto di scambio (all’inizio dell’era berlusconiana vi fu una mossa analoga con l’aumento delle pensioni minime, migliore sia dal punto di vista economico che del voto di scambio, considerando che l’Italia e` un paese anagraficamente vecchio). 

Al momento, cioe` dopo 8 mesi, gli 80 euro al mese, confermati con costi ingenti anche per l’anno in corso, non hanno prodotto aumento dei consumi, ma del risparmio. 

E` la stranezza di una crisi nella quale le mosse di Renzi hanno accentuato ancora, peggiorandola, la spaccatura fra  la minoranza garantita di chi lavora e ha uno stipendio, il cui valore e` aumentato, e chi e` disoccupato e senza tutele. 

E a ben guardare la politica di Renzi e` il contrario esatto della politica keynesiana: trasferisce risorse agli occupati, valorizza nelle intenzioni il mero consumo individuale rispetto agli investimenti sociali, dunque produce risparmio e non occupazione.

Dunque produce deflazione: gia`, perche` la deflazione e` il contrario della economia del debito, e` l’economia del risparmio.

Col paradosso che nell’Italia economica di Renzi, siccome questo risparmio non e` neppure pubblico, ma privato, non risolve neppure la crisi del debito pubblico.

Difficile trovare qualcosa di altrettanto demenziale come scelta.

* * * 

Conclusione: se l’attivita` economica sotto forma imprenditoriale appare troppo rischiosa e le risorse economiche si spostano verso il risparmio, per provare ad evitare il collasso generale o garantirsi in qualche modo nel futuro, e l’indebitamento dello stato o altri meccanismi impediscono di reagire con la stampa di carta moneta, allora l’intero sistema economico comincia a soffrire non per sovrabbondanza di liquidita` destinata alla produzione, ma per sua carenza.

In questo caso le masse di denaro che affluiscono verso forme di risparmio che appaiono a minore rischio, come le obbligazioni dello stato, sono disposte anche a rendimenti negativi, considerando che altre forme di impiego del denaro appaiono troppo rischiose.

Insomma nell’economia della disperazione, cioe` della deflazione, lo scenario italiano giustificherebbe bene i rendimenti negativi, se lo stato non avesse un bisogno cosi` spasmodico di prestiti ulteriori da dovere comunque garantire degli interessi attivi.

Ma il fatto che questo avvenga invece a livello europeo, ad esempio in un paese solido come la Germania, significa forse che gli investitori oramai considerano troppo rischioso investire anche sul mondo produttivo tedesco e si rassegnano anche a qualche modesto haircut (non uso la parola a caso) sulla restituzione dei loro fondi, purche` essi vengano messi al sicuro? 

Sinceramente non mi sento di rispondere, ma  mi riservo di approfondire per quanto sono capace.

4 risposte a “il mondo a rovescio della deflazione – 11.

  1. ma in deflazione non sono solo i prezzi a scendere per effetto di un calo di domanda? Quindi anche se per noi è come se l’euro diventasse più forte non è detto che la moneta diventi più forte nello scenario internazionale rispetto alle altre monete. Se una banca è esposta all’estero ci guadagna poco.

    oggi è il petrolio ad essere in deflazione… sarà per quello che scommettono sulla deflazione per il futuro. A meno che il vero obiettivo non sia quello di avere credito AAA da vendere insieme a della spazzatura.

    • non mi pare di avere neppure affrontato il problema degli effetti della deflazione in un paese sui tassi di cambio della moneta di quel paese rispetto alle altre.

      pero` e` chiaro che, se l’inflazione e` prolungata e se dovesse riguardare un paese solo, necessariamente portera` anche ad una rivalutazione della sua moneta.

      un esempio di deflazione prolungata riguardo` il Giappone dal 2000 al 2006, e la Banca Centrale Giapponese porto` a zero gli interessi sui depositi; in questo momento in Europa siamo addirittura arrivati agli interessi negativi.

      e` interessante anche ricordare che politica economica condusse Mussolini dopo la presa del potere con la famosa campagna della Quota Novanta lanciata nel 1926, cioe` per la rivalutazione della lira rispetto alla sterlina da un rapporto 1:150 circa a 1:90.

      l’obiettivo fu raggiunto effettivamente in un anno riducendo i salari e, come previsto, provoco` una mini-recessione economica.

      ma l’esempio della iper-inflazione tedesca era ancora cosi` vicino e scovolgente che ogni sacrificio sembrava giusto per evitare una catastrofe simile.

      in questo momento l’euro non sta affatto diventando piu` forte rispetto alle altre monete perche` una inflazione vera e propria, col calo dei prezzi, e` avvenuta in Italia soltanto, e dunque non puo` caratterizzare l’intero euro.

      c’e` poi da aggiungere che nel mondo attuale una inflazione moderata del 2 o 3% e` talmente diventata una costante che molti dei fenomeni tipici della deflazione cominciano a verificarsi anche quando l’inflazione scende semplicemente al di sotto di questi valori.

      non credo che si possa parlare, se non per metafora, di deflazione del petrolio; e` soltanto la diminuzione di prezzo di un prodotto, che tuttavia e` talmente centrale nella nostra vita produttiva, da avere ricadute generali sul prezzo delle merci e da produrre una loro riduzione tendenziale.

      tuttavia mi pare che una deflazione con questo tipo di cause non sia necessariamente legata ai fenomeni negativi della deflazione dovuta a calo della fiducia e della domanda di cui ho parlato nel post.

      insomma, confermo che si tratta di fenomeni piuttosto difficili da capire, almeno per me.

      quanto alla caduta del prezzo del petrolio dipende si` da una contrazione della domanda, ma soprattutto da uno straordinario aumento dell’offerta, legata alle nuove tecniche estrattive adottate negli USA, e ha tutto l’aspetto di una guerra commerciale tra produttori classici e nuovo produttore USA (oggi il maggiore produttore mondiale di petrolio): infatti, se il prezzo del petrolio cala ai livelli attuali, il petrolio USA finisce fuori mercato per i suoi maggiori costi di estrazione.

      e` da tempo che dovrei scrivere un post su questo tema, dato che quanto sta avvenendo sembra smentire nettamente una interpretazione che avevo dato dell’origine della crisi economica collegandola al picco della produzione petrolifera (quella classica) raggiunto nel 2008, ma forse non e` cosi`.

      (diciamo che allora che questo commento potrebbe essere considerato come un appunto preparatorio del post… :))

      • ma se l’economia in deflazione è l’economia dell’attesa quindi del risparmio, l’inflazione non potrebbe essere la soluzione per forzare il movimento di capitali?

        gli USA resisteranno a lungo anche col prezzo dello shale più alto. Bisogna vedere quanto pesa il prezzo del petrolio su quello che producono gli USA (tecnologia complessa e servizi). Alcuni paesi dell’Opec potrebbero cominciare a sentirne gli effetti negativi prima. Vediamo chi resiste di più 🙂

        è interessante però vedere come l’economia attuale non sia minimamente capace di assestarsi di fronte a un evento che dovrebbe favorirla. Petrolio a 40$ è peggio di petrolio a 100$.

        per quanto riguarda le tue previsioni erano ovviamente basate su dati statici. L’arrivo dello shale, nuovo parametro, ha messo scompiglio nelle previsioni. Ma ora che sei a pieno regime col blog… ne farai di nuove 🙂

        • a pieno regime il mio blog, dici?

          con la conessione internet relegata improvvidamente nella casa di montagna, in cui i lavori si chiamano l’un l’altro come le ciliegie e sembrano non voler finire mai, e qui appoggiandomi all’internet cafe` oppure al cellulare come router wi-fi? mmm 🙂

          vero e` che ho recuperato l’entusiasmo, questo si`, e un grazie va ai commentatori come te che mi aiutano a dare un senso a questo impegno.

          anche io credo a prima vista che schiatteranno prima i produttori classici di petrolio che gli USA, ma non si puo` mai dire.

          ci sara` un nuovo post nei prossimi giorni con qualche dubbio in proposito.

          pero` le conseguenze geo-politiche di questo scontro sono imprevedibili: affossando l’Arabia Saudita e gli emirati, gli USA stanno anche colando a picco i loro alleati in Medio Oriente e favorendo lo Stato Islamico…

          per affossare Venezuela e Russia, ma gli conviene?

          e l’effetto serra, per il quale la crisi economica mondiale era un toccasana?

          che guazzabiuglio di contraddizioni e` la realta`.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

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