218. matrimonio fra maschi.

come ci si sposa in Libia mi è stato raccontato più volte, ma io preferisco che la voce dello scandalo sia quella di Mohammed, un cameriere della lussuosa Guest House con piscina dove ho passato i miei 10 giorni di lavoro in quel paese.

la benestante e torpida Libia è infatti un paese di immigrazione nel suo contesto e Ali è tunisino, della cosmopoliteggiante e turistica Sousse, dove in un hotel sul porto colorito consumai più di vent’anni fa una parte dei miei amori con Marcella [nome di fantasia, ovviamente], e dove lui ha studiato da barman, ma che gli offriva un lavoro solo stagionale.

mentre qui, lavorando con scrupolo e senso del dovere impeccabile, può pagarsi il mutuo della casa che a 27 anni si è già comperato in vista del matrimonio: basta solo che nel frattempo reprima la voce degli ormoni testimoniata dalle braccia pelose.

e di matrimonio appunto si finisce di parlare, un pomeriggio che io leggo di fronte all’azzurro esagerato e artificiale dell’acqua e lui intanto lavora duro preparando i tavoli di una festa per ricchi che dovrà svolgersi la sera: e alla quale parteciperò anch’io, provvisoriamente integrato nella comunità italiana bene di Tripoli, per dovere d’ufficio e nonstante un abbigliamento per niente impeccabile, una chioma discinta ed altre stranezze.

ma alla lettura scritta di parole irrigidite su carta, preferisco la lettura mentale del flusso delle sue parole, come se all’acqua della piscina immobile potessi sostituire un bagno in acqua viva di fiume: ecco che il libro giace sul prato e io mi abbandono al flusso del racconto di Mohammed, mentre lo integro con altre parole e osservazioni mie.

come se stessimo scrivendo un racconto assieme, noi due.

* * *

“al matrimonio qui in Libia la sposa non c’è, il matrimonio si fa solo fra maschi: lo sposo e il padre della sposa, o il fratello maggiore, se il padre è morto.

si trovano fra loro per firmare il contratto”.

effettivamente in tutto l’islam il matrimonio è un vero e proprio contratto – come del resto anche in Europa, come si scopre a proprie spese in caso di separazione o divorzio, ma questo carattere prettamente mercantile del rito in Europa è ben mimetizzato dall’idea che si tratti invece di un sacramento che santifica l’amore.

niente bubbole in Libia: il capofamiglia maschio semplicemente vende la donna ad un altro maschio.

infatti se in Occidente è la famiglia d’origine che paga, offrendo alla figlia una dote, come se avesse fretta di liberarsi di lei, nell’Islam è il marito che deve fornire alla moglie la dote, ma in questo caso la dote passa comunque per le mani del capo della famiglia d’origine della donna.

il rito della firma del contratto avviene dunque alla presenza dei membri maschi della famiglia d’origine della sposa e di quella dello sposo.

* * *

“le donne intanto festeggiano per conto loro, in una festa dove stanno senza velo, dato che non sono ammessi i maschi”.

esibendo, suppongo, i gioielli incredibili per matrimonio che ho visto nella medina e sfoggiando tutta la loro bellezza che non possono esibire in pubblico, almeno ai membri del loro stesso sesso.

è una gara di sfarzo e di beltà, oltre che di sentimenti femminili di invidia, per non dire di rivalità, di intelligenza, oltre che di accesi rossori, suppongo, che si sovrappongono ai colori dei cosmetici e alle dense ombre che l’henné disegna sulle mani, e sono provocati nelle più giovani e ancora inesperte da battute che i maschi non possono ascoltare:  troppe donne a far festa da sole assomigliano troppo ai riti greci delle menadi o delle baccanti, che sappiamo bene a quali eccessi e licenziosità potevano condurre: la musica e l’insolita libertà concesse a chi di solito gusta la solitudine del gineceo chiusa in casa inducono alla sfrenatezza.

poi la festa finisce, le donne si velano e nella sala fa ingresso lo sposo, venuto a prendersi o meglio a ritirare la sposa, che vede per la prima volta.

e speriamo che la vita non neghi alla giovinezza un’ombra almeno di bellezza e che la vista tanto attesa di quegli occhi scuri induca nel suo cuore quel colpo di emozione che prepara quel che deve accadere adesso.

* * *

le danze accomopagnano gli sposi fino alla nuova casa e alla camera da letto, che si rinchiude per la consumazione dell’atto, mentre la madre della sposa e le altre donne si siedono davanti alla porta in attesa.

il tempo viene calcolato: ci sono madri che hanno crisi d’ansia quando si avvicina la scadenza del tempo fissato senza cenni di vita dall’altra parte della porta, perché se entro un’ora la ragazza non sarà deflorata il matrimonio è nullo.

dato che però anche nella castissima Libia non mancano le ragazze che ci provano gusto e perdono la verginità fuori tempo, ce ne hanno di lavoro le cliniche di Beirut per ricostruire gli imeni distrutti in vista della prima notte di nozze!

* * *

alla fine, allo scadere del tempo massimo o prima, lo sposo compare sulla porta.

se tutto è andato come dovrebbe è abbondantemente graffiato sul viso, perché ogni nuova sposa per bene combatte con tutte le sue forze prima di perdere la verginità.

lo sposo sorride trionfatore, la virilità ha vinto, ma le donne entrano comunque a controllare.

il lenzuolo deve avere le sue giuste tracce di sangue e forse anche d’altro, che vengono esaminate dalla comunità delle femmine prima di essere esibite e distese sul terrazzo che dà sulla strada.

anche la donna si rimette il velo sul viso ed esce orgogliosa di essere diventata una sposa.

* * *

sarà d’ora in poi una delle donne che girano coperte dal velo dopo che il sangue del loro imene lacerato è stato reso pubblico.

donne che racconteranno fra loro i particolari di quell’ora d’amore, lasciandosi andare ai dettagli, al matrimonio della prossima compagna.

un matrimonio che sarà ancora stipulato fra maschi che vivono la maggior del tempo fra loro e useranno le donne solo per farci sesso.

* * *

perfino Mohammed, il tunisino, è perplesso: questa usanza e’ tipicamente libica, nel resto del mondo islamico la protagonista del contratto matrimoniale è la donna.

ma io sono un tipo strano, si sa, e la sola cosa che riesco a pensare è chissà che motivo c’è di essere perplessi: il mondo è così vario e tutto quello che sembra grottesco a noi sembrerà giusto e normale a qualcun altro, che riderà invece delle nostre donne seminude sulle spiagge o che si baciano fra loro in pubblico.

4 risposte a “218. matrimonio fra maschi.

  1. altro che contratto… la donna viene trattata come oggetto che ubbidisce al volere del maschio. Verrà il tempo quando anche le donne dell’islam chiederanno i loro diritti in qualità di esseri umani. (Ho visto un video in cui una ragazza islamica viene lapidata dai familiari per non aver rispettato la tradizione… lasciami aggiungere… di mer*a).

    Il fatto di portare il velo se non sbaglio deriva da un usanza tipica di chi viveva nel deserto… per impedire alla polvere e alla sabbia di colpire gli occhi. Poi divenne simbolo della sottomissione della donna all’uomo… sottomissione basata sulla sola forza fisica.

    Questo è un mondo in cui l’essere umano viene meno di fronte ai pregiudizi della tradizione. Ci si sottomette alla tradizione simbolo dell’arretratezza mentale dell’uomo di qualche secolo fa. Bisogna sviluppare un senso di responsabilità e rispetto, indipendente dalla tradizione, nei confronti del prossimo, indipendentemente da chi esso sia oppure a quale cultura appartenga, e dell’ambiente in cui viviamo, flora e fauna, uso responsabile dell’energia.

    Speriamo che le nuove generazioni siano più razionali :D… se Mohammed è perplesso allora siamo a buon punto.

    • commento quanto mai oppportuno: ho aggiunto di corsa una frase in fondo, perche’ non vorrei che si credesse che questo post riguarda l’insieme del mondo islamico, si tratta solo di una usanza libica.

      ho visto anche io purtroppo qualche video di lapidazione, ma mi fanno stare troppo male, putroppo sono quelloc he si dice una persona troppo sensibile.

      il fanatismo religioso e’ orribile qualunque veste assuma e c’è un solo modo di combatterlo: smettere di crederci e invitare gli altri a fare altrettanto.

      in questo post pero’ non c’e’ troppo sdegno visto che almeno non ci sono vittime di gesti di sangue, ma prevale la curiosita’ perfino scanzonata del viaggiatore.

  2. Pingback: 313. le lugubri immagini della fine di una dittatura (i massacri di Sirte).. « Cor-pus·

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